Sabato 06 Settembre 2025 | 22:36

C'è un metapontino «dietro» le fiction Rai di successo

 
Alba Gallo

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Alba Gallo

C'è un metapontino «dietro» le fiction Rai di successo

Vito Bucci, lucano doc, è segretario di produzione di Lux Vide, alle spalle di sceneggiati come «Don Matteo», «Blanca» e «Che Dio ci aiuti»: «Il nostro lavoro? Anticipare gli imprevisti perché le scene vengano girate nel più assoluto silenzio e sicurezza»

Martedì 02 Gennaio 2024, 12:12

Da qualche fiction a questa parte, un metapontino è nella troupe delle più note produzioni Rai, da «Don Matteo» a «Blanca», da «Che Dio ci aiuti» a «Leonardo». È Vito Bucci, 35enne, «lucano di Metaponto», che in Lux Vide è Segretario di Produzione: è Lux che materialmente dota la Rai delle serie di cui sopra, è in Lux che Vito fa parte di quella «silenziosa macchina organizzativa» che immancabilmente gli attori omaggiano sui palchi.

Della previsione dell’impossibile è fatto il suo mestiere: «Devo essere in grado di anticipare tutti gli imprevisti perché si giri nel più assoluto silenzio, a costo di definire gli orari del cantiere limitrofo al set quanto di silenziare il passante che urla al telefono».

È la produzione a predisporre il catering, a distribuire i materiali di scena, a bloccare l'accesso al set durante le riprese. È sempre la produzione - di cui Vito è parte - che, all’occorrenza, si rende facilitatore degli spostamenti degli attori: «Di recente - racconta - ho affrontato ben 4 giorni di viaggio (Roma-Parigi a/r in macchina) per portare sul set Nathalie Guetta («Natalina» nella fiction «Don Matteo»), il cui anziano cane non regge l’aereo».

«È un lavoro che non ha orari, il mio, che prevede continui spostamenti (oggi Spoleto per «Don Matteo», prima Genova per «Blanca»), che ti porta a stare lontano da casa (Roma) e sul set per mesi. Che, anche quando a Roma, ti fa uscire di casa alle 8 e rientrare alle 19. E così in molti mollano: se non hai passione per quel che fai, finisce sempre così».

La sua giornata tipo?

«Sveglia prima dell'alba tutte le mattine, poi giù nel traffico di Roma per il pick up dell'attore verso il teatro di posa o il set esterno dove suddividiamo i vari giri da fare durante la giornata. Arrivata la pausa, allestiamo e disallestiamo il catering, per poi riprendere con il girato; nuovamente set e rientro a casa degli attori. A fine giornata ripristino del set per il giorno successivo.

È un mestiere in cui si spazia dalla social-tracotanza dell’interregno dei «senza arte né parte» alle abluzioni nell’ossequiosa umiltà di un 84enne Terence Hill. Amo il mio lavoro perché permette di misurarsi con se stessi ogni giorno, di alzare sempre di più l'asticella riguardo a quello che si può fare in quanto persona e professionista. Giri l'Italia, l'Europa, a volte il mondo e ti interfacci in continuazione con gente diversa, arricchendo il tuo bagaglio personale e culturale».

Il rovescio della medaglia?

«La mancanza di tempo da passare con i propri affetti, la difficoltà di raggiungere la mia famiglia a Metaponto solo due o tre volte l'anno, di vedere mio fratello pochissimo rispetto a quanto vorrei».

Si diploma al Classico di Matera, Vito, con l’idea di fare l’archeologo, salvo poi cambiare idea in corso d’opera, esattamente plasmando, in quel momento, il mestiere che lo impegna oggi. Correva l'anno 2007 e il biglietto di sola andata è per Roma «La Sapienza», facoltà di «Arte e Scienze dello Spettacolo»: a 19 anni Vito stabilisce che di spettacolo avrebbe vissuto. Così sia, così - di fatto - è stato: da visionaria utopia a lucida consapevolezza è stato un attimo durato tre anni esatti, dall’immatricolazione alla laurea. Conseguita la Triennale, risponde al suo primo annuncio di lavoro: «E sono anche stato fortunato perché mi hanno preso subito: a sei mesi dalla laurea ero già sui set Mediaset di «Fornelli d’Italia» e «Scene da un matrimonio», con Mengacci».

Salvo poi trovarsi, qualche mese dopo, nella troupe di «Leonardo», produzione italo-francese in collaborazione con Rai Fiction.

Ma, tornando al suo sogno di bambino, ha poi trovato un nesso Archeologia e il suo attuale lavoro?

«Beh, che dire?! Entrambi i lavori si svolgono all'aperto per la maggior parte del tempo (cosa molto importante per me, che non riuscirei a sopportare più di 8 ore chiuso in un ufficio!). E poi in entrambi si è soggetti al meteo: si lavora sotto la pioggia o con il caldo asfissiante, con il freddo e la neve o il gelo delle notti invernali».

Consigli a chi voglia intraprendere il suo mestiere?

«Studiare in primis: niente si fa se non si ha una preparazione adeguata, in qualsiasi campo ci si voglia muovere. E soprattutto non demordere, non perdere mai la voglia di fare dinanzi alle difficoltà. Volere è potere, sempre e farsi trovare pronti è quel valore aggiunto che dimostra che abbiamo tanta voglia di fare, se qualcuno ci permette di farlo. Vivo a Roma da quasi 16 anni, sono venuto qui per studiare e qui sono rimasto per lavorare. Roma è la città italiana del Cinema e nessun altro posto offre le opportunità di Roma in questo settore. Quindi, giocoforza, consiglio a chiunque voglia vivere di questo, di spostarsi qui, accettando pregi e difetti di questa immensa e meravigliosa città che ormai considero casa».

Casa, dice: ma tra Metaponto e Roma?

«Resterò per tutta la vita lucano, orgoglioso e fiero di appartenere a questa terra, anche se la vita mi ha portato altrove. L'umiltà e la voglia di lavorare della nostra gente sono riconosciute da tutti in Italia. Torno poco, ma quando posso mi riapproprio di quello che questa terra mi ha insegnato sin da bambino: la calma, la tranquillità, il parlare al nostro mare (soprattutto d'inverno, nella solitudine); il ricentrarsi, il ritrovarsi per settarsi sulle cose importanti della vita».

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