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Egiziano ucciso a Matera, scatta il quarto arresto: in cella il capofamiglia

 
Gianluigi De Vito

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Gianluigi De Vito

Egiziano ucciso a Matera, scatta  il quarto arresto: in cella il capofamiglia

L'agguato di matrice familiare» sarebbe stato portato a termine in «maniera collettiva»

Venerdì 03 Marzo 2023, 13:23

MATERA - Un nuovo capitolo di arresti. E altre righe atroci s’incolonnano nel quaderno dell’«agguato di matrice familiare» portato a termine in «maniera collettiva» da una famiglia di Tursi, impiantata nella provincia pavese. Finisce in carcere anche il capofamiglia, Antonio Rondinelli, 60 anni. Si aggiunge ai figli Claudio, 39 anni, e Massimo, 34 anni e al genero, Luigi D’Alessandro, 37 anni, arrestati il 21 febbraio.

Antonio Rondinelli avrebbe fatto parte del gruppo di fuoco familiare che ha ucciso, in un agguato appunto, l’egiziano Mohamed Ibrahim Mansour, 44 anni, ex compagno di Daniela Rondinelli, sorella di Claudio e Massimo. Un ruolo nell’omicidio lo avrebbe avuto anche Luigi D’Alessandro, 37 anni, anche lui di Tursi, compagno di Elisa Rondinelli, sorella di Daniela e quindi di Claudio e Massimo.

Secondo l’impianto accusatorio della procura di Pavia la famiglia dei presunti assassini tursitani avrebbe «concordato» la «serie di gravi fatti» che hanno portato alla morte dell’egiziano. Fatti «avviati» da Carmela Calabrese, moglie di Antonio Rondinelli e madre dei quattro Rondinelli. «Nel tardo pomeriggio del giorno 11 gennaio 2023, Carmela Calabrese, tra le 19 e le 20.15, avrebbe diramato una vera e propria serie di convocazioni, riunendo tutti i familiari e dando così l’avvio alla serie di gravi fatti che hanno condotto al decesso dell’egiziano», ricostruisce il procuratore di Pavia, Fabio Napoleone.  Anche Carmela Calabrese è stata raggiunta da una misura cautelare, ma nei suoi confronti sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Erano indagati, i due coniugi. Il 21 febbraio era stato chiesto l’arresto anche per loro; il gip però, non ha convalidato la richiesta. Due giorni fa, il sì. I dettagli ricostruiti dalla procura gelano le vene. Nella notte tra l’11 e il 12 gennaio scorso, dopo la lite in casa Rondinelli a Vigevano, Ibrahim Mansour sarebbe stato colpito più volte. Si trovava in una stanza del capannone di Cassolnovo, di proprietà di Antonio Rondinelli. Ibrahim è stato raggiunto da colpi di fucile da caccia calibro 12 e da quelli di una pistola calibro 9.  Uno dei proiettili l’ha colpito al viso, secondo quanto è emerso dall’autopsia. Insomma, non doveva avere scampo. Due giorni dopo, il pomeriggio del 14 gennaio, il corpo di Ibrahim viene trovato completamente carbonizzato nelle campagne di Morsella, una frazione non lontana dal capannone dei Rondinelli a Cassolnovo, all’interno della sua Audi «A3», data alle fiamme.

Ibrahim era in affitto. L’ex suocero Antonio gli aveva concesso in locazione la camera del capannone, chiedendo in cambio all’egiziano di guardargli i terreni attigui e di fare legna da vendere. Il 60enne, ora in pensione, attivo nel commercio di frutta e legname, fa i conti con un tumore. «Con ogni probabilità – sostiene il procuratore – il cittadino egiziano, intenzionato a compiere qualsiasi attività utile a cercare di ottenere l’affido della figlia minore, era divenuto una presenza fastidiosa per la famiglia Rondinelli».  Ibrahim avrebbe voluto diventare proprietario di quelle terre davanti al capannone per ottenere le garanzie economiche, in modo da riprendersi la figlia, nata dalla relazione di cinque anni fa con Daniela Rondinelli, ora 21enne, e far crescere la bambina coi nonni paterni in Egitto.  Persona fragile, Ibrahim, con problemi, sembra, di dipendenze. Gli stessi problemi che avvolgono a quanto pare, Luigi D’Alessandro, il compagno di Elisa Rondinelli.  Di certo c’è che per la procura di Pavia, Luigi D’Alessandro «avrebbe offerto supporto logistico» all’agguato messo in atto da Cosimo e Massimo e al quale ha partecipato anche Antonio.

Nei giorni scorsi i carabinieri del Ris hanno ispezionato la stanza dell’egiziano a caccia di tracce di sangue e di polvere da sparo, controllando anche un suv Mercedes usato da Claudio Rondinelli (già in carcere, in passato, per rapina) e del quale il 39enne si sarebbe privato il giorno dopo l’agguato. 

Il fratello minore Massimo, affetto da problemi di dislessia, come rivela il difensore di fiducia, l’avvocato Maria Rosaria Malvinni, era a Tursi al momento dell’arresto: viveva nella casa dei nonni, assieme alla compagna, lombarda, impiegata in un supermercato nella parte nuova del paese. Massimo ora è detenuto nel carcere di Matera. Sembra che i rapporti tra i fratelli non fossero idilliaci. Malvinni: «Il mio cliente ha escluso ogni responsabilità a sua carico, era sceso a Tursi con la compagna e progettava una nuova parentesi di vita».  Le bocce investigative continuano a essere in forte movimento. E altre righe tempestose nel quaderno dell’agguato potrebbero aggiungersi presto. 

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