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Matera, il Centro di Dialettologia è a rischio

 
Lorenza Colicigno

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Lorenza Colicigno

Matera, il Centro di Dialettologia è a rischio

Ricercatori senza stipendio e all'orizzonte nessuna traccia di finanziamenti

Lunedì 12 Ottobre 2020, 12:40

Patrizia Del Puente è docente di Glottologia e linguistica presso l’Unibas e direttrice del Centro Internazionale di Dialettologia (Cid), ideatrice del Progetto Alba, una vita dedicata in particolare allo studio dei dialetti meridionali. Il progetto nasce nel 2007 con la finalità di tutelare, valorizzare e studiare le lingue della Basilicata. Sei i convegni internazionali, quattro i volumi dell’Atlante Linguistico della Basilicata (Alba) pubblicati, più di cento le conferenze e le presentazioni di libri, tre i concorsi di poesia dialettale lucana organizzati ad oggi, sette le università da cui provengono i componenti il Cts: Cambridge, Napoli Federico II, Oxford, Palermo, Pisa e Udine. Abbiamo chiesto a Patrizia Del Puente di spiegarci i motivi della petizione lanciata tramite charge.org, su cui sta richiamando l’attenzione dei Lucani (6.450 firme tra web e cartacee, 47 associazioni, presidenti di Provincia di Potenza e Matera, presidente Anci e Unpli, mondo accademico nazionale e internazionale, 30 sindaci).
«Credo per prima cosa che sia giusto e corretto che il Presidente della Regione Vito Bardi conosca il lavoro svolto da un organismo così importante e per questo subito dopo l’insediamento della nuova giunta ho cercato di avere un incontro. Ma nel tempo tale incontro è diventato sempre più una necessità per cercare un aiuto per la sopravvivenza del Cid, i cui ricercatori rischiavano di perdere il loro stipendio. Non avendo avuto la possibilità di avere un appuntamento con il presidente Bardi, negli ultimi mesi ho provato ad averne uno con l’assessore Cupparo, ma anche in questo caso non ho avuto mai risposta. Chiedo di poter avere un colloquio sul progetto Alba e sul Cid».

Cosa vorrà dire al Presidente Bardi, incontrandolo?
«Gli illustrerei l’importante ruolo del Cid. Poi gli chiederei di prestare attenzione ai problemi che spesso, troppo spesso, progetti come il nostro incontrano, a causa di una burocrazia che guarda alla virgola, ma non è in spirito collaborativo nel rispetto delle regole e leggi. Abbiamo fatto la proposta di rimodulazione del progetto, cioè di prorogare di un anno il progetto stesso utilizzando i fondi già assegnati e non spesi. Questo avrebbe consentito di prorogare il contratto ai tre ricercatori decaduti in data 18 settembre e di assumerne altri due su posti già banditi. Teniamo conto che le ultime ricercatrici che restano in carica, finiranno il loro assegno a marzo. La richiesta protocollata da noi in data 30 maggio non ha mai avuto risposta. Al Presidente Bardi chiederei, come cosa fondamentale, di istituzionalizzare il Cid perché non si debba combattere ogni anno per la sua sopravvivenza e gli chiederei di ascoltare la nostra proposta per creare nuovi posti di lavoro nelle scuole e consentire a tanti giovani di restare nella loro regione».

In Basilicata in base alla vostra ricerca risulta che si parlano più di cento tra lingue e dialetti, potrebbe essere chiesto il riconoscimento di patrimonio immateriale da parte dell’Unesco?
«Assolutamente sì! Il nostro patrimonio linguistico è davvero particolare, unico, e più procediamo nella ricerca, più ci sorprende. Pensi che proprio due settimane fa ho consegnato all’Università della California un articolo chiestomi da loro sulla Basilicata di oltre 40 pagine! Ormai, in tutto il mondo si conoscono, grazie al nostro lavoro, i dialetti della Basilicata. Sarebbe bello avere un Cid istituzionalizzato che potesse occuparsi di queste azioni di ulteriore valorizzazione e non dovesse invece spendere tanto tempo a combattere tra burocrazia e tentativi di sopravvivenza…».

Cosa rappresenterebbe per i giovani lucani la fine del progetto Alba, e non solo per i sette ricercatori che perderebbero il loro lavoro dopo anni di impegno?
«Noi lavoriamo molto con i giovani, alcuni corsi di alfabetizzazione dialettale li teniamo nelle scuole e la prima perdita grave che subirebbero i giovani lucani con la fine del Progetto Alba sarebbe quella di non avere la possibilità di comprendere il vero valore della loro identità e della loro cultura. Il Cid è un organismo di forte propulsione identitaria. Ma il Progetto Alba ha come obiettivo anche quello di provare a creare nuovi e numerosi posti di lavoro, a riguardo abbiamo idee chiare, perché vorremmo provare a dare una possibilità ai giovani lucani di rimanere nella loro terra per costruire una nuova Basilicata. Insomma, vorremmo provare anche a dimostrare che con la cultura si può mangiare».

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