Assolti in Appello, dopo un complesso iter processuale, i quattro imputati accusati di abusi edilizi per il Samsara, il famoso stabilimento balneare di Gallipoli divenuto tempio dei beach party, di cui oggi rimane il rudere nel degrado in attesa di demolizione. E sono trascorsi sei anni dal sequestro del lido, poi restituito al Demanio dello Stato.
La Corte, riformando la sentenza di condanna in primo grado, ha riconosciuto la piena insussistenza dell’accusa di occupazione abusiva, decretando che il fatto non sussiste. Per altri reati è stato disposto il non doversi procedere per prescrizione.
In primo grado, i giudici avevano inflitto: 1 anno e 3 mesi di reclusione (pena sospesa) a Lorenzo De Pinto, tecnico progettista e a Rocco Greco, legale rappresentante della Società “Sabbia d’Oro s.r.l.” proprietaria del “Samsara beach”; 2 anni a Giuseppe Cataldi, dirigente all’epoca dei fatti del Settore Urbanistico (tutti di Gallipoli). Il funzionario Sergio Leone, di Taviano, era stato condannato a 1 mese di arresto (pena sospesa).
L’ipotesi accusatoria alla base del procedimento nasceva da una presunta occupazione abusiva di suolo demaniale. Sotto la lente d’ingrandimento della Procura erano finiti una serie di permessi ed autorizzazioni (tra cui l’assenza di nullaosta) ritenuti illegittimi per la presenza di vincoli paesaggistici.
Gli imputati erano assistiti dagli avvocati Luigi Covella e Luigi Suez. Come sostenuto dalla difesa, a margine della sentenza, «nel corso del giudizio di appello è emerso con chiarezza che nessuna traslazione della struttura è mai avvenuta, come dimostrato da tutta la documentazione prodotta in dibattimento. È stata fatta giustizia e questa decisione conferma ciò che abbiamo sostenuto fin dall’inizio: i fatti contestati non esistevano e gli imputati hanno sempre operato nel rispetto delle regole tecniche e giuridiche».
















