«Giù le mani dalle nostre proprietà». È perentoria la presa di posizione dei condomini di via Pinto 6. Sono trascorsi esattamente otto mesi dal crollo della palazzina che ha sconvolto il quartiere Carrassi. Alle 18,44 dello scorso 5 marzo, l’edificio di cinque piani collassò improvvisamente: alle 21 del giorno successivo, la signora Rosalia De Giosa fu miracolosamente estratta viva dai vigili del fuoco dopo una permanenza di oltre 26 ore sotto le macerie. Un evento da un lato destinato a restare impresso nella storia cittadina.
Negli ultimi giorni ha scatenato un animato dibattito, soprattutto sui social, la proposta della creativa (nonché residente nelle vicinanze dell’area del crollo) Nole Biz che ha ipotizzato di riqualificare la zona con uno spazio verde: un’idea «lanciata» anche all’amministrazione comunale. Tuttavia, l’ipotesi, ha finito per intaccare la sensibilità dei 26 proprietari che hanno perso un bene immobile di valore. Per qualcuno si trattava della casa di una vita.
«Sarò per sempre grato agli angeli che hanno salvato mia madre», afferma Gaetano Papagna, figlio della signora Rosalia De Giosa. «Mi rendo conto che proprio la sua vicenda straordinaria abbia in qualche modo orientato la lettura di un evento che, però, resta terribile. Noi, in particolare, abbiamo perso la casa di famiglia, acquistata con i risparmi di mio padre. Lì c’era la nostra vita. Ora ci ritroviamo davanti un percorso denso di incertezze: l’unica speranza risiede proprio nei nostri diritti di proprietà. Siamo in contatto con progettisti e costruttori, non conosciamo i tempi che richiederà il percorso giudiziario, visto che l’area è sotto sequestro dalla Procura della Repubblica. Ma una cosa è certa: vogliamo che un giorno, possibilmente vicino, il civico 6 di via Pinto possa rinascere e ospitare i nostri nuovi appartamenti».
«Nessuno deve permettersi di avanzare progetti su proprietà private», è il pensiero della signora Giuseppa Albano che abitava al quinto piano. «Ipotizzare giardini o aree pubbliche non è rispettoso del dolore di chi ha perso tutto. Continueremo a combattere con tutte le forze per riavere le nostre case». «Giù le mani dal condominio di via Luigi Pinto 6!», rincara con decisione la signora Vincenza Trentadue che abitava al terzo piano della palazzina. «Non è giusto pubblicizzare programmi su proprietà private: siamo compatti nella volontà di ricostruire lì le nostre case». «Le battaglie che dobbiamo condurre saranno in tribunale e con le compagnie assicurative», afferma il proprietario di un appartamento che era affittato a studenti. «L'iniziativa dell'artista Nole Biz non ha nessun valore: la proprietà è privata ed esiste un vincolo di destinazione. Si può raccogliere anche un milione di firme la signora, ma queste proposte valgono sempre zero». «Apprendere di possibili evoluzioni nella zona in cui sorgeva il palazzo - aggiunge la signora Rita Di Grumo che abitava al primo piano - è un ulteriore dolore per chi sta già soffrendo tanto. Nessuno dimentichi che abbiamo perso la nostra casa!».
I condomini di via Pinto attendono con ansia anche un altro passaggio. Ovvero, la convocazione per riappropriarsi degli averi recuperati dalla ditta che ha curato lo smaltimento delle macerie. Decine i bustoni riempiti che oggi sono conservati in un capannone nei pressi dello stadio San Nicola: i beni sono soggetti alla disciplina degli oggetti smarriti, ma l’amministrazione comunale sta studiando una procedura organica per procedere alle restituzioni. «Molti di noi - spiega ancora Gaetano Papagna - hanno assistito ad ogni passo della rimozione delle macerie: tra quei resti ci sono cassette di sicurezza con risparmi, oggetti di valore, ma soprattutto ricordi. Cercare una soluzione per restituirceli sarebbe davvero un grande confronto in un momento difficile».
















