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Finti contratti di lavoro domestico per ottenere illecitamente la Naspi: truffa gestita da famiglia salentina, coinvolto anche un patronato

 
Redazione online

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Finti contratti di lavoro domestico per ottenere illecitamente la Naspi: truffa gestita da famiglia salentina, coinvolto anche un patronato

Il guadagno complessivo per i falsi lavoratori ha raggiunto circa 200mila euro. I contratti duravano meno di 10 giorni per massimo 10 ore al giorno, 80 firme tra il 2020 e il 2023, emersi anche furti di identità digitale

Lunedì 19 Maggio 2025, 14:35

LECCE - Un’indagine congiunta tra il Nucleo Ispettorato del Lavoro di Lecce e l’INPS ha portato alla luce un sistema fraudolento ideato per ottenere in modo illecito l’indennità di disoccupazione NASPI. A gestire la truffa sarebbe stata un’intera famiglia residente in provincia di Lecce, che avrebbe simulato decine di falsi contratti di lavoro domestico.

I finti contratti venivano attivati con durate molto brevi (meno di 10 giorni) e impegni settimanali limitati (massimo 10 ore), risultando ufficialmente registrati presso l’INPS e i Centri per l’Impiego. In totale, sono stati scoperti oltre 80 contratti falsi, firmati tra il 2020 e il 2023.

Secondo gli investigatori, le persone coinvolte non lavoravano realmente, ma facevano finta di essere assunti per poter poi richiedere la NASPI. In molti casi, il luogo di lavoro indicato era la sede di un patronato di Lecce, che risulta ora coinvolto nelle indagini.

Per attivare il contratto falso, i cittadini pagavano tra i 150 e i 200 euro al patronato. Grazie al regime agevolato previsto per il lavoro domestico, i contributi versati erano minimi (circa 13 euro a contratto). Il guadagno complessivo per i falsi lavoratori ha raggiunto circa 200.000 euro.

Oltre alla simulazione dei contratti, sono emersi casi gravi di furto di identità digitale. Alcuni cittadini hanno denunciato che le loro credenziali SPID sono state usate senza il loro consenso per attivare i contratti fittizi. Le vittime, ignare, avevano fornito i propri dati al patronato per pratiche normali, come richieste pensionistiche.

Le verifiche dell’INPS centrale hanno confermato che le identità digitali erano state usate in modo illecito. In alcuni casi, nei moduli ufficiali era stato addirittura indicato l’indirizzo reale del cittadino, per rendere più credibile la pratica fraudolenta.

Grazie alle indagini, l’INPS ha bloccato ulteriori erogazioni per 150.000 euro, evitando così un danno ancora più grande per le casse pubbliche. Nonostante l’inchiesta fosse già in corso, la truffa sarebbe proseguita, come dimostra una nuova denuncia presentata a ottobre 2024.

Secondo quanto accertato, la truffa sarebbe stata organizzata all’interno di una famiglia, con una precisa strategia: fingere rapporti di lavoro, coinvolgere ex lavoratori dimissionari che non avevano diritto alla NASPI e usare i nomi di persone ignare per intestare i contratti.

Le denunce spontanee delle vittime sono state fondamentali per far emergere il meccanismo illecito. Tutta la documentazione raccolta è stata trasmessa all’Autorità Giudiziaria per le indagini e i provvedimenti del caso.

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