LECCE - Anche se a macchia di leopardo, il fenomeno è visibile in tutta la città, periferie comprese. Ma nel centrale e trafficato viale Lo Re, è più visibile che altrove. Riguarda la “conquista” dei locali commerciali da parte degli stranieri, che nell’arteria compresa fra viale Marconi e Porta San Biagio con la dirimpettaia piazza Italia, sono quasi tutti indiani e cinesi.
Oggi, nel viale, su 54 locali disponibili, gli attivi sono 48. Quattro anni fa quando la “Gazzetta” effettuò la prima radiografia del fenomeno, erano tre in più, perché solo tre erano sfitti, a fronte degli attuali sei. Piccoli numeri, evidentemente, ma grandi, se si tiene conto che riguardano una sola via.
«Sono il segno - dice Luigi, 36 anni, barista - della crisi del settore in tutta la città, acuita dal caro-energia e dall’aumento in generale del costo delle materie prime».
Dei 48 attivi, quasi la metà, più esattamente 22, sono passati nelle mani dei commercianti asiatici. Quattro anni fa, erano 21, a fronte dei 30 indigeni.
«A parte il raddoppio dei locali sfitti - sostiene Alessandro, 26 anni, agente immobiliare - l’affermazione si deve al fatto che in generale, gli stranieri lavorano più degli italiani. Sono spesso aperti sino a tarda ora, anche durante i giorni festivi, non chiudono per la pausa pranzo, ed hanno prezzi competitivi, specie per quanto riguarda gli accessori per la telefonia, che sebbene non originali, a volte funzionano come e meglio degli altri».
«Sulla qualità dei prodotti in vendita negli esercizi gestiti da indiani e cinesi - sottolinea Franca Longo, 69 anni, pensionata - ho qualche dubbio. Almeno per quanto riguarda i generi alimentari, che emergenze a parte, compro nei mercatini rionali oppure nei supermercati».
In viale Lo Re, sulla scia degli storici commercianti dei Magazzini Del Coco, gli occhi a mandorla si sono specializzati nella vendita di ogni genere di prodotti: dalle pile alle candele, passando per i cavatappi e gli asciugamani. Telefonia, bigiotteria e generi alimentari, sono invece appannaggio degli indiani, seguiti dai pakistani. Ma questi ultimi, forse per contrastare, o più semplicemente imitare i cinesi, hanno già preso a diversificare l’offerta. Nel viale, hanno così fatto la comparsa un accorsato ristorante “Indian Food” ed un barbiere, dove rasatura e capelli costano anche sino alla metà del prezzo praticato dai colleghi locali.
«A farmi tagliare i capelli ero restìo - commenta un 70enne pensionato -. Attratto dal prezzo, ho voluto provare con la barba, e per la buona riuscita della rasatura, oltre che per la gentilezza del barbiere, un giovane indiano, e dei suoi aiutanti, alla fine sono passato anche al taglio con le forbici».
L’integrazione passa dunque anche da barba&capelli, in viale Lo Re. Ma a tener conto delle notizie di cronaca che vedono gli stranieri sempre meno protagonisti, anche nel resto della città.
«La passione per le pietre dure mi porta spesso a frequentare i negozi gestiti da indiani e pakistani - dice Alessia, studentessa dell’Università del Salento, proveniente da Leporano -. Sono tutti persone gentili e disponibili, che non si spazientiscono se una cliente passa in rassegna la merce per mezz’ora di fila, e neppure se per il cambio se la riporta indietro più di una volta».