Lunedì 08 Settembre 2025 | 07:43

Troppi negozi chiusi, è allarme in Salento

 
redazione salento

Reporter:

redazione salento

Troppi negozi chiusi, è allarme in Salento

La preoccupazione e i dati della Confcommercio. L'abbigliamento è il settore che risente maggiormente della crisi in atto

Martedì 28 Febbraio 2023, 13:04

Le imprese più soggette alla moria sono quelle del commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento. A seguire, i negozi di filati per maglieria e merceria, le rivendite di biancheria personale, maglieria, camicie, ma non solo.

Tutta la filiera è ferma o ha subito forti rallentamenti. Bisogna considerare che per lungo tempo sono state sospese le occasioni per poter indossare abiti di qualità. Si pensi alle cerimonie, ai matrimoni, agli eventi. Tutti momenti che avrebbero favorito l’acquisto di capi griffati, a meno che non si tratti di acquisti necessari per la vita di tutti i giorni. A causa dell’incertezza sul proprio futuro, la gente non spende più e continua a risparmiare.

C’è poca gente in giro, i negozi sono quasi deserti un po’ ovunque e non c’è la voglia di comprare, come un tempo, perché il Covid-19 ha modificato le abitudini quotidiane di tutti: collettive e individuali.

La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del Pnrr e il coinvolgimento delle parti sociali.

«C'era una volta il commercio»: è questo in estrema sintesi il quadro che emerge dall'analisi dell'Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d'impresa nelle città italiane, realizzata in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne.

Negli ultimi dieci anni sono sparite quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre quindicimila imprese di commercio ambulante. Crescono gli alberghi e i ristoranti ma senza riuscire a compensare le riduzioni del commercio. Complessivamente, la doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock. L’entità del fenomeno non può che destare preoccupazione.

Nello stesso decennio la grande distribuzione ha invece raddoppiato i suoi punti vendita ed è cresciuto molto anche il settore del commercio elettronico, di cui riferiamo a parte. Cambia così anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5 per cento, mobili e ferramenta -30,5 per cento, abbigliamento -21,8 per cento) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6 per cento, computer e telefonia +10,8 per cento), attività di alloggio (+43,3 per cento) e ristorazione (+4 per cento).

La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa confina con il rischio di desertificazione commerciale delle nostre città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20 per cento). Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E rimane fondamentale l’omni-canalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio tradizionale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)