LECCE - Le bollette. Il carburante. E, adesso, il pane. I rincari non guardano in faccia niente e nessuno. Le farine lievitano insieme ai prezzi di materie prime e fatture. Anche i panificatori salentini entrano in un vortice di crisi. «La nostra è a livello nazionale e internazionale una delle categorie più tartassate del momento. Tra noi c’è già chi ha chiuso i battenti».
A dirlo è il neretino Franco Muci, imprenditore nel settore della panificazione. Fornaio, presidente di Appal (Associazione provinciale panificatori e artigiani di Lecce) e vicepresidente nazionale della Federazione Italiana Panificatori Pasticcieri e Affini, Muci descrive un quadro allarmante: «Le bollette ci stanno creando problemi senza precedenti, riceviamo fatture da diecimila euro, i colleghi mi chiamano ogni giorno. Abbiamo investito centinaia di migliaia di euro lavorando anche di notte, fino a sedici ore al giorno. Dietro i numeri delle aziende ci sono persone e famiglie». Tornando appunto ai numeri, freddi e spietati, Muci aggiunge: «Sono aumentati i costi delle farine ma non solo: anche cartone e plastica. Per questo siamo costretti ad aumentare il prezzo del pane».
La prospettiva: «Alcuni panificatori chiuderanno - avverte - e chi resta aperto potrebbe presto arrivare a vendere il pane a otto-nove euro al chilo. Quanto pane si potrà mai vendere a otto-nove euro al chilo?». Poi una frecciatina inattesa: quasi “fuoco amico”. «Veniamo quotidianamente attaccati da Coldiretti – accusa il rappresentante dei panificatori salentini – con ripetute espressioni tipo “pane venduto a peso d’oro”. Come se tutto ciò fosse colpa nostra. Non è solo il prezzo della farina, del grano e dell’energia il problema. Va aggiunta la crisi della manodopera che non si trova». Per Muci in questo caso la responsabilità è del Reddito di Cittadinanza: «Non troviamo persone disposte a lavorare (anche di notte) per 1300 euro al mese poiché in molti preferiscono intascarne la metà col Reddito di Cittadinanza rimanendo a casa. Nel territorio inoltre non esistono scuole di panificazione».
La soluzione, almeno temporanea? «Abbassare gli importi delle bollette, da subito, partendo da quelle già emesse. Il decreto del governo è parziale. Serve con urgenza un provvedimento che blocchi le fatture delle aziende di panificazione, altrimenti sarà guerra civile». Il pericolo del caro-energia è confermato da un’altra imprenditrice del settore e rappresentante di categoria.
Serena Schipa, leccese, presidente provinciale e consigliera nazionale di Assipan Confcommercio non ha dubbi: «La previsione del settore è drammatica, si rischia di perdere 1350 imprese per cinquemila addetti. Soluzioni all’orizzonte, nessuna. Si parlava di un tetto al prezzo del gas ma non arriva. Non vogliamo soldi in prestito ma tornare alle vecchie tariffe. A livello nazionale stiamo pensando a una chiusura forzata di uno o più giorni per smuovere l’attenzione». Sull’aumento del prezzo del pane Schipa precisa: «Non vorremmo mai aumentare il prezzo del prodotto. Avremmo come risultato solo quello di allontanare il cliente. L’aumento è purtroppo una necessità primaria, altrimenti non finiamo nemmeno l’anno. Persino il lievito è aumentato di dieci euro in una settimana». L’immagine finale, descritta da chi ogni giorno ha a che fare con i cittadini-clienti, preoccupa più di grafici e tabelle: «Il risparmio delle famiglie sta passando anche dall’acquisto del pane. E quando la crisi raggiunge il nostro settore – conclude Schipa – significa che il periodo è buio. Perché al pane a tavola non ha mai rinunciato nessuno».