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Corruzione a Otranto, chi è Roberto De Santis, l'uomo dei grandi affari all'ombra di D'Alema

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Corruzione a Otranto, chi è Roberto De Santis,  l'uomo dei grandi affari all'ombra di D'Alema

L’ordinanza del Tribunale di Lecce ha posto ai domiciliari il 64enne di Martano, proprietario di alcuni dei più bei resort del Salento

Lunedì 12 Settembre 2022, 14:48

20:10

È ritenuto l’imprenditore storicamente più vicino all’ex ministro degli esteri Massimo D’Alema. Ma secondo molti, Roberto De Santis è anche al centro di alcuni dei più importanti affari degli ultimi trent’anni: petrolio, energie rinnovabili, turismo, grandi appalti. Sempre all’ombra della politica, con un soprannome più datato («l’uomo ragno») e uno più recente («l’uomo invisibile», perché non si fa mai fotografare). Ecco perché l’ordinanza del Tribunale di Lecce che ha posto ai domiciliari il 64enne di Martano, proprietario di alcuni dei più bei resort del Salento, ha fatto molto rumore: secondo le indagini nel 2018 sarebbe stato lui a propiziare la candidatura al Senato dell’ex sindaco di Otranto, Luciano Cariddi, nelle file dell’Udc, in cambio di un aiuto illecito per ottenere le autorizzazioni necessarie ad aprire il Twiga di Otranto.

Negli anni De Santis è stato coinvolto, uscendone sempre a testa alta, in moltissime inchieste giudiziarie di mezza Italia ma soprattutto in grandi scandali. Era ad esempio tra i partner di Gianpaolo Tarantini, a cavallo tra 2007 e 2009, quando l’ex re degli appalti sanitari pugliesi venne coinvolto nelle indagini sulle escort di Berlusconi e in cui l’imprenditore salentino (mai indagato) appariva come tramite. Apparve come un fantasma nell’inchiesta di Firenze sui grandi appalti della Protezione civile, e in quella sui termovalorizzatori in Sicilia. Poco dopo venne coinvolto nell’inchiesta sul «sistema Sesto», che ipotizzava illeciti finanziamenti al Pd o meglio alla fondazione «Fare Metropoli» di Filippo Penati, all’epoca braccio destro di Pierluigi Bersani: un assegno di 10mila euro su cui, però, il Tribunale di Milano ritenne che non sono stati compiuti illeciti.

Finora mai nessuna condanna ha scalfito il suo curriculum imprenditoriale di altissimo livello tra energia, immobiliare e ultimamente soprattutto turismo. Una carriera sempre lontana dai riflettori (tutti lo conoscono, nessuno lo ha mai fotografato), nata all’ombra della sinistra e in particolare dell’entourage di Massimo D’Alema di cui De Santis è stato per anni uno stretto collaboratore, tanto da condividere la proprietà della celebre barca «Ikarus».

L’ultima indagine è quella sulle mascherine fornite alla Protezione civile del Lazio, per la quale De Santis è accusato a Roma di traffico illecito di influenze. De Santis ha ricevuto un bonifico di oltre 30mila euro da una società, European Network, che è al centro degli accertamenti per una presunta maxitruffa da 22 milioni di euro: l’imprenditore pugliese è sospettato di aver fatto da procacciatore d’affari, ponendosi come tramite nei confronti dell’ex commissario straordinario Domenico Arcuri. L’ultima suggestione invece emerge direttamente dalle carte dell’inchiesta di Potenza sul faccendiere Piero Amara, che ha raccontato una storia su cui sono in corso accertamenti: l’Eni nel 2019 avrebbe fatto una transazione da 35 milioni con una società off-shore, la Blue Power dell’imprenditore pugliese Francesco Nettis, per lo sfruttamento di un brevetto (in realtà mai utilizzato) per l’estrazione del gas. La vicenda è stata esaminata anche dalla Procura di Milano. A Potenza, quando gli chiedono conto del motivo della transazione, Amara risponde così: «Perché dietro Blue Power c’era un imprenditore, mi pare si chiami Ledis (in realtà Nettis, ndr), e un certo Roberto De Santis che gestiva insieme a Descalzi questa operazione, e perché c’era l’interesse di D’Alema».

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