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Covid, la provincia di Lecce raggiunge i mille morti: «Dietro quei freddi numeri tanta sofferenza»

 
Monica Carbotta

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Monica Carbotta

Emergenza reparti anche a Lecce: «Scorrano doveva essere Covid»

Parla il direttore dell’unità operativa di Epidemiologia e Statistica

Venerdì 15 Aprile 2022, 06:30

Dottore Quarta, lei è il direttore dell’Unità Operativa di Epidemiologia e Statistica della Asl, in questi due anni di pandemia il suo lavoro ha informato i cittadini e fatto luce agli addetti ai lavori sulle strategie da seguire per arginare l’emergenza. È possibile fare un bilancio? Le statistiche possono far scoprire tante verità, tante possibili soluzioni nascoste. Qui a Lecce cosa raccontano i numeri della pandemia?

Il 13 marzo 2020 abbiamo incominciato a monitorare la pandemia da COVID 19 in provincia di Lecce con l’intento di descrivere, con indicatori e mappe comprensibili a tutti, la diffusione della malattia nel nostro territorio. Nelle prime fasi della pandemia i casi erano veramente pochi rispetto al resto d’Italia ed in particolare al Nord, ma abbiamo deciso comunque, sin da subito, di mettere a disposizione di media, Istituzioni e cittadini uno “strumento Open” con cui l’Azienda ha deciso di condividere dati significativi all’insegna della trasparenza.

La statistica è stata utile?

Sì, la statistica è stata utile sempre (ce lo dicono i tanti cittadini che ogni venerdì attendono il report), ma lo è stata di più nei momenti di picco, o di quelli che ritenevamo picco, perché ci ha portato a lanciare moniti ai cittadini perché adottassero comportamenti virtuosi, o a intensificare l’invito alla vaccinazione o per esempio a rivedere la dislocazione dei posti letto in base al tasso di ospedalizzazione. Quello che non abbiamo mai dimenticato è il fattore umano, ovvero che dietro a quei numeri c’erano e ci sono vite, volti, sofferenza, persone in carne ed ossa.

Quando è esplosa la pandemia, questa provincia è stata graziata da clementi bilanci al contrario di tante altre parti d’Italia dove il virus non ha dato tregua. Cosa sta succedendo ora?

La bassa circolazione del virus nel Salento nelle prime fasi della pandemia e nelle precedenti ondate (la provincia di Lecce è stata tra le ultime in Italia) ha favorito il recente incremento dei casi, in considerazione del fatto che la diffusione di Omicron 2 interessa anche i soggetti vaccinati e, pertanto, allo stato attuale il contagio riguarda i soggetti indenni in precedenza. Questa condizione è tuttavia favorevole perché la rilevante incidenza degli ultimi mesi incontra elevate coperture vaccinali con relative scarse conseguenze in termini di forme gravi, ospedalizzazione e decessi.

Quali ipotesi possono spiegare l’attuale veloce crescita dei casi?

Le ipotesi che possono spiegare questa veloce crescita dei casi di infezione da parte della variante Omicron 2 sono da ricondurre in primo luogo ad una maggiore diffusione del virus nella fascia di età tra i 3 e 25 anni. Negli under 5 gioca difatti un ruolo fondamentale l’assenza di vaccinazione. Un altro fattore che favorisce la diffusione è sicuramente l’abbassamento nella soglia di attenzione, uso della mascherina, rispetto del distanziamento, igiene delle mani, buone pratiche che non dovrebbero assolutamente essere abbandonate.

Le persone ricoverate in questo ultimo periodo in Terapia Intensiva avevano o hanno patologie pregresse?

I recenti ricoveri in terapia intensiva hanno riguardato soprattutto persone anziane con patologie pregresse come ipertensione, diabete, broncopneumopatie, immunocompromessione.

Le positività registrate comprendono sempre anche tamponi di controllo o sono solo nuovi casi?

Le positività registrate comprendono solo i nuovi casi, ci sono però persone guarite dalla malattia che dopo diversi mesi si sono nuovamente infettate e che pertanto vengono considerate come nuovi casi di infezione.

Si è molto parlato del morire di Covid o con Covid, a suo avviso i dati di mortalità sono sovrastimati o sottostimati? Mi spiego meglio. Sono a conoscenza di autopsie effettuate su persone il cui decesso è stato attribuito ad altra causa alle quali sono state riscontrate le tipiche lesioni polmonari da Covid; di contro si parla molto di decessi di persone già gravemente compromesse che sarebbero risultate anche positive.

Nel riportare i decessi COVID-19 sul Sistema di Sorveglianza, l’ISS suggerisce di seguire le indicazioni di ECDC e OMS per identificare i decessi associati a COVID-19. I criteri per definire un decesso per COVID-19 comprendono: decesso occorso in un paziente definibile come caso confermato microbiologicamente (tampone molecolare) di COVID-19; presenza di un quadro clinico e strumentale suggestivo di COVID-19; assenza di una chiara causa di morte diversa dal COVID-19; assenza di periodo di recupero clinico completo tra la malattia e il decesso.

Quindi?

Quindi la positività al Sars-Cov-2 non è sufficiente per considerare il decesso come dovuto al COVID-19, ma è necessaria la presenza di tutte le condizioni sopra menzionate, inclusa l’assenza di chiara altra causa di morte.

Qual è stato il giorno più difficile e quello più incoraggiante in oltre 2 anni di pandemia?

Il giorno più difficile è stato quello in cui i posti letto dedicati al Covid erano quasi tutti pieni con pazienti provenienti anche da fuori provincia, quello più incoraggiante il 27 dicembre 2020, primo giorno di vaccinazione anti Covid, in cui abbiamo incominciato a intravedere un po’ di luce e speranza.

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