RACALE - C’è una nuova indagine sulla scomparsa di Mauro Romano nella lontana estate del 1977. Potrebbe trattarsi di un nuovo filone, sul quale però vige il riserbo più assoluto. L’unica notizia che trapela è che i carabinieri del Nucleo Investigativo stanno portando avanti alcuni accertamenti. E proprio nell’ambito di queste nuove verifiche dieci giorni fa è stato convocato nella caserma di via Lupiae l’avvocato Antonio La Scala, legale di fiducia di Bianca Colaianni e Natale Romano, i genitori del bambino. Il professionista è stato sentito come persona informata dei fatti.
E in quella sede ha prodotto una copiosa documentazione, frutto di indagini difensive, relativo a quella che potrebbe essere la nuova vita di Mauro. Pagine e pagine che proverebbero il fatto che il bambino sarebbe stato rapito e venduto ad una facoltosa famiglia degli Emirati Arabi. Resta da capire, ora, da dove nasca l’interesse investigativo da parte della polizia giudiziaria nel reperire notizie su quello che sia stato il destino del bambino dopo il sequestro. E’ plausibile, dunque, ritenere che l’avviso di conclusione delle indagini emesso nelle scorse settimane a carico di Vittorio Romanelli non sia affatto un punto di arrivo, ma invece un punto di partenza.
La vicenda, però, è estremamente delicata e nessuno rivela ulteriori informazioni.
I coniugi Romano non si sono mai rassegnati, nella ferma convinzione che Mauro sia ancora vivo. Anche perché, nonostante le innumerevoli ricerche fatte anche in epoca più recente, i resti non sono mai stati ritrovati.
Secondo chi ha avuto modo di vedere il carteggio prodotto dal legale della famiglia, la possibilità che il bambino oggi si trovi all’estero è tutt’altro che remota. Tutto parte da una foto di un rotocalco che una decina di anni addietro è stata osservata dalla signora Colaianni: in quell’immagine, che ritraeva un manager di successo. Nelle parti lasciate scoperte dal vestito, la donna avrebbe riconosciuto delle caratteristiche fisiche distintive del figlio.
Da qui inizia una spasmodica ricerca della coppia, nella speranza di mettersi in contatto con i familiari del manager. Cosa tutt’altro che semplice, anche perché sembra che la famiglia di appartenenza fosse estremamente facoltosa. Alla fine viene coinvolta anche l’ambasciata, ma viene cortesemente risposto loro che il soggetto della fotografia non può essere il loro figlio. Le due famiglie, ad ogni modo, avviano una serie di contatti. E già questa potrebbe considerarsi un’anomalia: viene da chiedersi come mai una famiglia ricca e potente residente negli Emirati Arabi accetti di prendere contatti con una coppia di un piccolo paese italiano che ritiene di aver forse ritrovato il figlio.
L’unica via d’uscita sarebbe sottoporre il presunto Mauro alla prova del Dna ma questo purtroppo non è possibile senza il suo consenso.
«La Procura ha svolto un lavoro eccellente - commenta l’avvocato La Scala - che prima di tutto ha prodotto come risultato che in tanti hanno deciso di parlare. E non finisce qui. Sono certo che la storia continuerà a rivelare sorprese».
Quel giorno d’estate del 1977, Mauro era a casa dei nonni.
I genitori erano partiti il giorno prima perché dovevano partecipare ai funerali del padre di Gianni Romano in un paesino ai piedi del Vesuvio. Ad accudire Mauro, come era avvenuto anche in passato, la zia Virginia, allora quattordicenne, sorella minore di Bianca, nella casa dei Colaianni di vico Immacolata. A Racale era rimasto anche Antonio, il fratello maggiore di dieci anni, ora in Svizzera, cresciuto nel ricordo drammatico della vicenda.
Mauro stava giocando con un gruppo di amici nei pressi di casa; poi improvvisamente di lui nessuna traccia.
Furono ore e giorni di ricerche incessanti. Carabinieri, vigili del fuoco, personale della protezione civile ma anche semplici cittadini: tutti impegnati nelle ricerche del bambino. Tutte le strade del giallo portano a Castelforte, in un trullo dove è stato trovato un batuffolo di ovatta intriso di cloroformio, sostanza spesso usata come anestetizzante. Un reperto di cui ora, inspiegabilmente, non c’è più traccia. La Procura, negli anni passati, per ben due volte aveva aperto un’inchiesta sulla sparizione del bambino, ma in entrambe le circostanze il procedimento era stato archiviato, per mancanza di indizi.