Padri separati che dormono in auto, uomini di ogni età che passano la notte tra la stazione e Galleria Mazzini. Il popolo degli invisibili, di coloro che si muovono nella penombra per cercare riparo dal freddo e dalla pioggia. Quella dei senzatetto di Lecce è un’emergenza che torna ogni anno con l’arrivo dell’inverno, portando con sé tutto il suo carico di sofferenza e disperazione.
Sono decine solo nel capoluogo, trovano riparo tra la stazione ferroviaria, i locali dell’ex distributore di benzina nei pressi dell’Obelisco, il porticato vicino al Monumento ai Caduti. Ma anche nella Galleria di piazza Mazzini. Lì, però, ci vanno principalmente gli italiani, come spiega Tommaso Prima, presidente dell’associazione «Pronto soccorso dei poveri»: «I senzatetto, a Lecce, non sono solo stranieri. Ci sono anche molti italiani, spesso originari dei paesi del Nord Salento, che scelgono di vivere a Lecce perché la città è più grande, ci sono più aiuti e ci si sente meno a disagio rispetto al proprio paese di provenienza. Sono quasi tutti uomini, tra i 30 e i 50 anni. Gli italiani scelgono principalmente Galleria Mazzini: lì riescono a stare più al riparo rispetto ad altre zone della città dove, invece, troviamo più stranieri».
C’è, poi, una nuova realtà: quella dei padri separati. Nella zona del mercato coperto ce ne sono almeno un paio. «Sono originari di alcuni paesi vicino Lecce - spiega Prima - e dormono nelle loro auto, spesso solidarizzando tra di loro. Non rimangono nei loro paesi, perché non sopportano l’umiliazione di farsi vedere in quello stato dai loro concittadini. Non hanno una casa e una famiglia alle spalle e, quindi, dopo la separazione dalle mogli, si sono ritrovati per strada, spesso senza neanche la possibilità di chiedere il reddito di cittadinanza. Proprio per questo motivo - aggiunge Prima - il Comune di Lecce ha messo a disposizione una via fittizia in cui chi si trova in queste situazioni può dichiarare la propria residenza, al fine di ottenere i sussidi».
Il «Pronto soccorso dei poveri» ha iniziato la sua consueta opera di assistenza a favore dei senzatetto. Con le temperature che, nei prossimi giorni, tenderanno a scendere ancora, per alcuni di loro diventerà sempre più difficile trascorrere la notte fuori. «Siamo un sodalizio di poveri che aiutano altri poveri - spiega Prima - grazie alla solidarietà di cittadini che, nell’anonimato, ci fanno avere viveri, buoni spesa, beni di prima necessità. Ogni sera portiamo a queste persone cibo, bevande calde, cioccolata. Un cittadino di Surbo, inoltre, ci ha appena donato 800 mascherine, che consegneremo ai senzatetto insieme a prodotti igienizzanti, in modo che anche loro possano tutelarsi in qualche modo in questo periodo di emergenza sanitaria causata dal Covid».
Tante le persone e le storie che si incontrano durante le notti passate a dare assistenza a chi non ha un tetto. Come quella di un uomo originario della Bulgaria noto a Lecce perché chiedeva l’elemosina accompagnato dal suo cane: «Quando, qualche mese fa, il suo amico a quattro zampe fu investito - racconta Tommaso Prima - gli animalisti intervennero per farlo curare, mentre il Comune e la Croce Rossa riuscirono a convincere l’uomo a tornare nel suo Paese. Dopo due mesi, però, lui è tornato a Lecce e ora dorme vicino l’Obelisco. Evidentemente in Bulgaria viveva ancora peggio». O come quella della ragazza poco più che ventenne, originaria di un paese vicino Lecce, che staziona nella zona di piazza Mazzini insieme al suo «compagno di viaggio», un uomo del Gallipolino: «Si sono conosciuti quando erano già senzatetto e hanno deciso di vivere insieme». Ci sono poi le incomprensioni e i dissapori: «Non si pensi - afferma Prima - che tra senzatetto ci sia solidarietà. Purtroppo si assiste spesso a liti, specialmente tra appartenenti a etnie diverse. Per esempio, c’è chi non vuole andare a passare la notte al dormitorio di Masseria Ghermi perché non vuole stare in compagnia di stranieri e preferisce rimanere in città. Noi - conclude - cerchiamo di aiutare tutti, senza fare nessuna distinzione e appellandoci al buon cuore di chi ci sostiene».