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Salento, epatite fra i tossicodipendenti: uno su 3 ne risulta affetto

 
Monica Carbotta

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Monica Carbotta

Salento, epatite fra i tossicodipendenti: uno su 3 ne risulta affetto

Fra i positivi, 1 su 4 non ne è consapevole

Sabato 03 Ottobre 2020, 10:11

Allarme epatite C nei tossicodipendenti. A Lecce ne è affetto un tossicodipendente su tre. Uno su quattro non sa di averla. Può rimanere silente anche per anni da un punto di vista clinico, ma può degenerare in patologie epatiche mortali. Come se non bastasse è emerso che ogni soggetto infetto contagi altre 20 persone nei primi tre anni di dipendenza. Tempestivamente diagnosticata però può essere curata quasi nel 100% dei casi. Se n’è parlato nel pomeriggio di ieri nell’ambito del congresso “Community C free” che si è tenuto nella sala Mosaico delle Sorgenti della Comunità Emmanuel alla presenza di 150 operatori sanitari e specialisti. Tra i relatori l’infettivologa del penitenziario leccese Anna Bascià, il direttore della divisione di Malattie Infettive dell’ospedale di Galatina Paolo Tundo, lo psicologo della comunità Emmanuel Danilo Cozzoli ed il presidente dell’ordine dei medici di Lecce Donato De Giorgi. Responsabile scientifico dell’incontro lo psicoterapeuta, specialista in malattie infettive e coordinatore del servizio sanitario della Comunità Emmanuel Vincenzo Leone. «I tossicodipendenti stanno pagando costi altissimi in termini di salute e vite perdute a causa dell’epatite C (HCV), ma ora si può guarire con l’eradicazione completa del virus» spiega Leone raggiunto telefonicamente, ma assente durante il convegno per un concomitante impegno a Bari.

«L’Associazione Comunità Emmanuel ha strutture operative nel Nord Italia, in Lombardia ed in Piemonte dove, tra le persone accolte, l’infezione da HCV non supera il 30-35%. Ma nella maggior parte delle sedi operative distribuite nel Centro-Sud, cioè Lazio, Campania, Calabria, Basilicata, Puglia, rileviamo percentuali di sieroconversione per HCV anche superiori al 50%. L’elemento di criticità preoccupante che caratterizza tutte le sedi è che, nel primo periodo di accoglienza, almeno un quarto della popolazione, non è a conoscenza del proprio status HCV». Le persone che usano sostanze per via iniettiva hanno una prevalenza di HCV 1.000 volte più alta del resto della popolazione. A Lecce come detto il 33% dei tossicodipendenti ha l’epatite C. Ma solo un terzo farebbe ricorso ai servizi di cura territoriali (SERD) e tra questi solo il 20% viene sottoposto ai test di screening (secondo la fonte della Presidenza del Consiglio dei Ministri). Si tratta di una patologia che rimane silente anche per molti anni prima di esplodere e molti di questi soggetti non sanno di essere infetti, per cui non accedono alle cure efficaci introdotte in questi ultimi anni e contribuiscono senza volerlo al propagarsi della malattia. «Da ciò deriva la necessità di un importante sforzo di politica sanitaria che miri a far emergere il sommerso ed a facilitare lo screening avviando poi prontamente alla cura quelli risultati positivi» incalza Tundo. Uno dei principali sintomi dell’HCV è il forte affaticamento psico-fisico. Il sintomo ha forte impatto negativo sulla qualità della vita delle persone ostacolando le attività lavorative o di svago, con ovvie ripercussioni sulla produttività. «Questo affaticamento porta a chiedere giorni di malattia o a doversi licenziare nei casi più estremi. È questa una delle più serie ricadute anche a livello macro sociale dei sintomi dell’HCV» spiega Cozzoli. È necessario dunque porre attenzione anche su queste patologie infettive che forse non fanno notizia come il Covid ma, come ha evidenziato l’incontro di ieri, accendono i riflettori sull’urgenza di costruire una rete di gestione della patologia tra istituzioni, ospedale e servizi delle dipendenze territoriali.

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