LECCE - Il fuoco cova sotto la cenere, non bisogna abbassare la guardia. Non ha dubbi Donato De Giorgi presidente dell’ordine dei medici leccese: il lockdown ha arginato qui al sud l’ondata dei contagi da Covid-19, ma il virus non è svanito nel nulla. De Giorgi si è trovato in trincea durante l’emergenza, è infatti anche primario del reparto di chirurgia dell’ospedale di Copertino, paese considerato da molti il Codogno leccese.
Presidente,su questa emergenza l’infodemia dilagante rende difficoltoso l’appiglio a solide certezze. Ma certezze appunto, ce ne sono?
Prima certezza: il virus non è improvvisamente scomparso, basterebbe ricordare la drammatica situazione che stanno vivendo oggi molti paesi in Europa, in Asia ed al di là dell’Atlantico. Seconda certezza: non bisogna pensare che il lokdown sia stato inutile: esso ci ha consentito di fermare un’onda impetuosa, cui eravamo impreparati e ci ha dato l’opportunità di riorganizzarci. L’attuale sfida, ricordando che il fuoco cova sotto la cenere, è la possibilità di affrontare focolai limitati con un senso di responsabilità, conoscenza ed organizzazione molto più alto e adeguato, integrando gli sforzi dei cittadini, della potenzialità comunicativa, degli amministratori e degli operatori sanitari.
Come districarsi nella giungla di informazioni contrastanti che circolano?
Purtroppo mai come in questo periodo l’incertezza ha fatto vacillare anche il sistema scientifico, che dovrebbe essere il paradigma di sicurezze non opinabili. Si deve considerare che molti studi fioriti in questi mesi sono basati su standard e protocolli diversi da quelli cui siamo abituati dal metodo scientifico più attendibile. Spesso con l’intento di condividere con la comunità scientifica internazionale prima possibile risultati spesso preliminari e parziali ottenuti su campioni limitati. Ciò è alla base di un fenomeno che stiamo registrando in questi mesi.
Cioè? Abbagli?
Sì. Abbagli anche da parte di autorevoli riviste e organizzazioni scientifiche autorevoli e opinioni contraddittorie, che non dovrebbero appartenere al metodo scientifico.
Quali direttive o raccomandazioni farete ai vostri medici in caso di seconda ondata?
Le nostre raccomandazioni non possono ovviamente prescindere dalle disposizioni regionali del 22.05.2020 al riguardo, ma ribadiscono che è necessaria una modalità di lavoro diversa, con piattaforme e consulti telematici in casi specifici, triage telefonici e modalità sicure di conferimento delle ricette, parallelamente alle consuete procedure assistenziali: domiciliari e ambulatoriali, ma con accorgimenti prudenziali stringenti.
Necessaria dunque una interazione tra ospedale e territorio.
Certo. Se il primo è stato involontario protagonista nei bui mesi trascorsi, oggi è il territorio il luogo dove si combatterà una guerriglia difficile, infida, lunga, riservando all’ospedale una sicura retrovia per garantire i casi più complessi e non gestibili a domicilio: territorio ed ospedale in sintonia non dovranno essere più distolti dalla risposta sanitaria nell’acuzie, complessità e cronicità, in ruoli integrati.
E le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA)?
Non devono assolutamente essere smantellate. Anzi devono essere incrementate e adeguatamente supportate; solo così potranno diventare la preziosa prima linea nella diagnosi e nel trattamento dei casi dubbi o accertati, ruolo decisivo soprattutto in autunno quando sarà altamente probabile la presenza di una miscela esplosiva di recrudescenza Covid ed influenza stagionale, con problematiche diagnostiche e terapeutiche non semplici.
Ai cittadini cosa raccomandate?
Oltre ai ripetuti comportamenti indispensabili e responsabili, urge correttamente informarli sull’utilizzo più idoneo dei servizi sanitari.
Cosa vuole aggiungere?
Non dobbiamo mai dimenticare che abbiamo pagato un tributo altissimo di medici contagiati e 171 colleghi sono deceduti onorando una professione di servizio: è necessaria e doverosa, ripeto, una modalità di lavoro diversa. Ma voglio lanciare un messaggio.
Quale messaggio?
Noi abbiamo giurato di non lasciare mai soli i pazienti nella fragilità della malattia e mai lo faremo, comunque. Ma mai più i medici devono essere lasciati soli negli ospedali, negli ambulatori, nel territorio, nella continuità assistenziale nel sistema di emergenza e urgenza, senza DPI, senza adeguata organizzazione: non abbiamo bisogno di retorico plauso e riconoscenza, ma di rispetto del nostro ruolo morale e di conoscenza.