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Salice Salentino, il secolare “albero del diavolo” ucciso dalla Xylella dopo 400 anni

 
Rosario Faggiano

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Rosario Faggiano

Il secolare “albero del diavolo”

L’imponente ulivo si è arreso. Della pianta vi è traccia nel catasto onciario del Regno di Napoli

Lunedì 13 Luglio 2020, 10:09

SALICE - Addio al leggendario “albero del diavolo” (“arilu te lu tiaulu”). Il secolare ulivo, che si trova poco distante dal paese sulla strada provinciale per Novoli, è seccato. Dopo circa 400 anni di vita, l’imponente pianta, che alla base del tronco misura una circonferenza di quasi nove metri, è stata uccisa dal batterio della Xylella fastidiosa, il killer che sta falcidiando anche gli ulivi dell’intero territorio comunale. La pianta risulta già menzionata nel Catasto onciario del Regno di Napoli, voluto per ragioni fiscali da re Carlo di Borbone e realizzato alla metà del ‘700. Si tratta, insomma, di una perdita grave, oltre che per l’età ragguardevole della pianta, soprattutto per ciò che rappresentava per la tradizione e la cultura della comunità locale. Intorno al vecchio ulivo, peraltro non molto distante dall’area cimiteriale, nei secoli sono nate tante leggende, forse alcune ispirate a fatti realmente accaduti. Leggende tramandate per generazioni, attraverso i racconti degli anziani, un tempo offerti ai ragazzini seduti d’inverno vicino ai caminetti ad ascoltare le storie dei nonni.

Negli anni, storici e scrittori salentini hanno dedicato all’albero del diavolo scritti e opere di narrativa. Fra questi c’è anche Ciccio Innocente il quale, nel 2009, assieme a Ninì Urbano e Antonio Scandone, ha pubblicato il libro “Ricordi e racconti, alla ricerca del paese perduto” (“Edizioni Publigrafic”). Innocente, autore anche del libretto “Per questa sagrosanta Imagine” (2007) dedicato al quadro “Madonna della Visitazione” e del volume sul Catasto Onciario di Salice (2011), nello specifico capitolo racconta due episodi legati all’ulivo secolare. In uno di questi, ricorda che accanto alla pianta, quando ancora non c’era la provinciale per Novoli, passava un sentiero di campagna che conduceva alla contrada “Santu Larienzu” dove c’era, appunto, una chiesetta dedicata a San Lorenzo.

Per giungere alla cappella, dunque, “bisognava passare accanto a questo albero maestoso il cui appellativo sinistro, pur non conoscendone il vero motivo, non gli era stato attribuito a torto”.

“Narrano i nostri storici locali – spiega Innocente – che, nei tempi trascorsi, nei paraggi di quest’albero si appostassero quattro ladroni che, a volto coperto, aggredivano e rapinavano, malmenandoli, quanti si trovassero a passare”.
Altri episodi raccontano che il diavolo (quasi sempre un individuo paurosamente travestito e con catene), appariva per punire ladri di frutta o per spaventare i passanti.

Adesso l’albero dei “misteri” è seccato: scheletro di una preziosa testimonianza di tempi lontani, forse irrimediabilmente perduta.

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