LECCE - Nessuna truffa nell’ambito della realizzazione del gasdotto Tap. Non c’è alcun riferimento al reato previsto dall’articolo 640 bis nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari che è stato recentemente notificato, a firma del procuratore capo Leonardo Leone De Castris e del sostituto Valeria Farina Valaori. Nel provvedimento, che si riferisce al fascicolo principale 534/18, sono contenute le contestazioni relative agli altri due filoni dell’inchiesta che sono stati successivamente riuniti: quello sull'espianto degli ulivi in località «Le Paesane», la cui area è stata posta sotto sequestro il 27 aprile scorso e di recente dissequestrata, e l'inquinamento della falda acquifera in prossimità del cantiere.
Rispetto all’avviso di conclusione delle indagini preliminari già notificato nel dicembre scorso, ora sono stati aggiunti i nomi di altri tre indagati, che dunque ora diventano 19.
Non fanno parte dell’elenco, quindi, la rappresentante legale di Tap, Claudia Risso e il dg del Ministero dello Sviluppo Economico Gilberto Dialuce, nei cui confronti era stata ipotizzata l’ipotesi di truffa. Resta Michele Mario Elia, 72 anni, di Castellana Grotte, country manager e legale rappresentante di Tap Italia, e la società Tap, ma le contestazioni riguardano illeciti amministrativi.
È quindi plausibile ritenere che, all’esito dell’incidente probatorio, le loro posizioni siano state stralciate e che quindi possa profilarsi una richiesta di archiviazione.
La conclusione alla quale era arrivato nei mesi scorsi il pool di esperti incaricati dal gip Cinzia Vergine è stata questa: il gasdotto Tap non può essere assoggettato alla direttiva Seveso III, che riguarda i «rischi rilevanti» costituiti dai grandi impianti industriali. Con la conseguenza che il quantitativo massimo di gas nel terminale può superare il limite delle 50 tonnellate che è invece previsto dalla Seveso.
Ma torniamo al contenuto dell’avviso notificato nei giorni scorsi. Le accuse contestate a vario titolo sono quelle di deturpamento di bellezze naturali, danneggiamento, violazione del testo unico in materia edilizia, inquinamento idrico.
Per quanto l’espianto degli alberi, la Procura ritiene che gli ulivi, piantati in un’area di notevole interesse pubblico, siano stati espiantati «in assenza della prescritta autorizzazione in un periodo diverso da quello autorizzato», realizzando uno spianamento di circa sette metri ed una recinzione con blocchi prefabbricati e rete metallica propedeutica all’espianto di olivi.
Per quanto attiene invece l’inquinamento della falda, viene contestata la mancata o incompleta impermeabilizzazione, ritenendo che gli indagati «effettuavano uno scarico di acque reflue industriali in assenza delle dovute autorizzazioni, in particolare depositavano attrezzature, materiali e rifiuti sulle aree il cui dilavamento meteorico interessava la sottostante falda acquifera contaminandola con sostanze pericolose, tra le quali il cromo esavalente».
LA REPLICA DI TAP - «In merito alle notizie apparse oggi su alcuni organi di stampa, TAP conferma la piena fiducia nei confronti dell’autorità giudiziaria, nonché nell’esito finale del procedimento, e che venga riconosciuta la piena liceità e correttezza delle attività del progetto. Coerentemente, continuerà a fornire la più ampia collaborazione alla Procura e al Tribunale di Lecce sottoponendo ogni ulteriore elemento di valutazione e approfondimento, confidando nella rapida conclusione del procedimento». Lo afferma in una nota la multinazionale che sta realizzando l’approdo del gasdotto a Melendugno (Lecce), riferendosi alle notizie sulle indagini della procura di Lecce.