Ha confessato durante un lungo interrogatorio protrattosi nella notte il figlio di Antonio Leo, l’anziano trovato morto bruciato in casa ieri sera a Collepasso (Le). È stato lui ad uccidere durante una lite il padre cospargendolo di alcol e dandogli fuoco. L’uomo, Vittorio Leo, di 48 anni, che è stato arrestato, è titolare di un’agenzia immobiliare. Davanti al magistrato inquirente Luigi Mastroniani e alla presenza del proprio legale difensore, l’uomo ha detto di aver ucciso il padre 89enne durante un acceso diverbio.
«Stavamo litigando come spesso accadeva. Mi ha cacciato via, mi ha detto di andarmene da casa come era solito dirmi da tempo. Eravamo in cucina dove lui si stava preparando il pranzo. Avevo in mano una bottiglietta di alcol con la quale mi stavo disinfettando una ferita e quando mi ha detto così gli ho spruzzato l’alcol addosso. Poi ho visto subito il fuoco». E’ questo il passaggio più significativo dell’interrogatorio durante il quale la notte scorsa Vittorio Leo, arrestato per omicidio volontario aggravato, ha ricostruito le fasi della morte dell’anziano padre, Antonio.
Dopo aver preso fuoco, l’89enne sarebbe corso in bagno per raggiungere la doccia nel disperato tentativo di spegnere le fiamme che lo avvolgevano.
La vittima, vedovo, insegnante in pensione, sarebbe morta in seguito alle ustioni riportate dopo che il figlio lo ha inondato di alcol dandogli fuoco. Il corpo dell’anziano è quasi del tutto bruciato. L’omicidio sarebbe avvenuto nel bagno dell’abitazione dell’uomo in via Don Sturzo. È stato il figlio a chiamare i carabinieri.
PARTICOLARI INQUIETANTI
«Dopo la morte di mio padre ho prima lavato tutto il pavimento, poi ho cucinato della pasta con del ragù, non perché avessi fame ma per smorzare la tensione che avevo addosso": è uno dei particolari emersi dall’interrogatorio a cui è stato sottoposto il 48enne agente immobiliare Vittorio Leo, arrestato con l’accusa di aver ucciso ieri, nell’abitazione di famiglia, il padre 89enne, Antonio. Quest’ultimo è stato bruciato vivo con dell’alcol. L’uomo ha detto anche che dopo la morte del genitore ha staccato il telefono e i quadri elettrici dell’appartamento per evitare che potesse citofonare qualcuno, ed ha aperto un pò le tapparelle «per far andare via il fumo e l’odore acre». Ha poi aggiunto di aver distrutto nel camino la bottiglia da litro di alcol spruzzata sul padre: «Non potevo vederla perché mi ricordava la morte di papà», ha sottolineato. Al magistrato ha ripetuto che non voleva uccidere il genitore, definito un uomo dal carattere scontroso, dai modi rudi, solitario e chiuso, che era solito inveire e gridare. Si sarebbe trattato - ha detto - di un raptus, un gesto di stizza indotto dalle parole pronunciate con astio dal genitore che a suo dire non lo avrebbe mai accettato preferendogli la sorella che lavora a Roma. Secondo il presunto assassino, il padre non gli aveva mai perdonato il fatto di aver interrotto gli studi di ingegneria per un lavoro, l’intermediazione immobiliare online, giudicato poco onorabile.