L'altro fronte mattutino sono le intercettazioni tra Scaramella e Guzzanti con la ricerca frenetica di una conferma alla ipotesi - poi non riversata nella relazione finale della commissione, mai approvata - di una indicazione che qualificasse Prodi se non come agente almeno in «friendly relation» con il servizio prima sovietico e poi russo. Scaramella interviene: «Forse attraverso me vogliono attaccare Guzzanti e Berlusconi. Ma è una strategia che franerà per strada».
A Guzzanti replica il vicepresidente del Copaco, Gianclaudio Bressa (Ulivo): non c'è nulla da concordare, afferma, perchè l'ex presidente della Mitrokhin è stato convocato formalmente il 6 dicembre. Passa poco e Guzzanti scrive ai presidente delle Camere per chiedere di essere tutelato come parlamentare. In sostanza, Guzzanti afferma che l'accusa che gli si muove è di aver indagato su Prodi, cosa che conferma anche se aggiunge che le indagini sono state fatte con lealtà. «Ho raccolto notizie su Prodi ma in maniera chiara e trasparente. Non ho mai usato niente della commissione contro l'attuale maggioranza».
Una spiegazione che non convince affatto Piero Fassino, che invece paragona la Mitrokhin alla vicenda Telekom-Serbia. «E' stata perseguita un'azione di denigrazione personale e di destabilizzazione istituzionale con cui si puntava a colpire il centrosinistra e i suoi principali esponenti politici. Non sono più tollerabili reticenze e inaccettabili ambiguità». Dal centrodestra una debole difesa di Guzzanti e della sua offensiva a tutto campo.
Tra i possibili sviluppi in tempi brevi, almeno sul fronte giudiziario, l'ipotesi che i magistrati romani chiedano alla Giunta del Senato l'autorizzazione ad utilizzare nell'inchiesta le telefonate in cui, come interlocutore, compare Guzzanti. Tanto più dopo l'annuncio di Prodi che, da Palazzo Chigi, a sera fa sapere di avere dato mandato ai suoi legali «di procedere contro gli autori di dichiarazioni e di atti lesivi della sua dignità di cittadino e di rappresentante delle istituzioni in relazione al cosiddetto caso Mitrokhin».
Paolo Cucchiarelli
















