Il minisatellite italiano LiciaCube, pesante appena 14 chilogrammi, ha immortalato il primo test di difesa della Terra da futuri asteroidi pericolosi: è già storica l’immagine dell’asteroide Dimorphos che, dopo essere stato colpito dalla sonda Dart della Nasa, è avvolto da una nube di detriti da cui partono scie di polveri e materiali resi brillanti dalla luce solare.
L’impatto è avvenuto nella notte a 13 milioni di chilometri dalla Terra e, poco prima, la telecamera di navigazione della sonda Dart aveva trasmesso una sequenza di immagini del piccolo asteroide, sempre più ravvicinate, fino al primo piano della sua superficie accidentata e costellata di rocce aguzze, guidata dal sensore d’assetto realizzato in Italia da Leonardo.
Poi la sonda, pesante 450chilogrammi, è andata completamente distrutta nell’impatto. È allora che LiciaCube è entrato in scena per catturare le immagini, in tutto 620, che nelle prossime settimane aiuteranno a capire se l’impatto è riuscito effettivamente a deviare la traiettoria dell’asteroide. Acquisire il suo segnale è stata «una grandissima emozione: abbiamo capito che ce l’avevamo fatta, non era scontato», ha detto l’amministratore delegato della Argotec, David Avino.
Vero e proprio concentrato di nuove tecnologie, a partire dall’intelligenza artificiale, LiciaCube è gestito e coordinato dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e realizzato dall’azienda Argotec, con il contributo scientifico di Istituto Nazionale di Astrofisica, Politecnico di Milano, Università di Bologna, Università Parthenope di Napoli e Istituto di Fisica Applicata ‘Nello Carrarà del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ifac).
Ha definito LiciaCube «un grande successo» anche il responsabile delle attività scientifiche della Nasa, Thomas Zurbuchen, in collegamento con la conferenza stampa organizzato a Torino da Asi e Argotec per presentare le prime immagini.
«Un successo straordinario» - di Marisa Ingrosso
La voce di Giorgio Saccoccia, presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) è squillante e vibra di entusiasmo, nonostante le lunghe ore di tensione e la notte in bianco. Classe 1963, nato a Belluno per un caso della vita ma pugliesissimo d’origine e formazione, è l’uomo del giorno dopo che il satellite LiciaCube dell’Asi e costruito dalla piemontese Argotec, ha portato a termine i suoi obiettivi e, alle 4,23 di ieri, ha mandato al Centro di controllo di Torino le prime, storiche, foto che hanno testimoniato l’impatto della sonda Dart della Nasa con l’asteroide Dimorphos. Saccoccia era lì, tra i primi esseri umani a vedere il primo reportage spaziale realizzato a 13 milioni di km di distanza.
Buongiorno presidente o forse dovrei dire felicissimo giorno?
«Felicissimo, felicissimo! Non capita tutti i giorni di poter assistere a un evento del genere».
Come ha passato la notte?
«In bianco, ma soddisfatto».
L’umanità ricorderà questo giorno, ma alle spalle c’è un lungo percorso.
«È vero e l’abbiamo compiuto insieme Usa e Italia, la Nasa e l’Asi, in questa collaborazione che ha portato a quello che, possiamo dirlo con certezza, è il più grande successo di questa missione: Dart, il “satellite madre” realizzato dalla Nasa, ha effettuato l’impatto sull’asteroide e poi LiciaCube, questo satellitino sviluppato dall’Italia, quindi da Asi con il nostro fornitore industriale Argotec, che due settimane fa si è separato dal corpo del “satellite madre”, ha calibrato la sua capacità di compiere osservazioni in autonomia al momento dell’impatto e, quando l’impatto è avvenuto, ha fatto – lo posso anticipare – una serie di immagini davvero impressionanti che a breve verranno rilasciate. Parliamo di alcune centinaia di immagini e ci vorranno settimane per poterle acquisire ed elaborare. Il fatto di poter assistere a poca distanza, ad un evento che, di fatto, è avvenuto a 13 milioni di chilometri dalla Terra è qualcosa di incredibile. E poi lo scopo della missione è di mostrare la capacità della tecnologia sviluppata dall’essere umano di poter deviare la traiettoria di un asteroide, nel caso che in futuro possa, eventualmente, minacciare il nostro pianeta. Anche se questo, ovviamente, era solo un test».
Un test molto affascinante.
«Sì, affascinante e riuscito. Nelle prossime settimane, gli scienziati lavoreranno a capire esattamente qual è stato l’effetto dell’impatto per poter modificare la traiettoria dell’asteroide».
Presidente ho saputo da fonti ben informate che lei, ancorché nato a Belluno è pugliesissimo.
«Sì - ride - mia madre è di Sava e papà era di Taranto. Io ho fatto a Taranto dal secondo anno di liceo fino alla maturità. E ho la Puglia nel cuore. Ho casa vicino a Ostuni. Per me la Puglia è casa».
La passione per lo Spazio è nata frequentando il Liceo scientifico di Taranto o prima?
«Molto prima. Io ci sono nato con la testa nello Spazio. Ho fatto il liceo e poi ho compiuto gli studi che mi hanno permesso di fare questo lavoro e sono stato fortunato. Professionalmente ho coronato questa aspirazione».
Lei quindi ha già avuto modo di vedere le foto scattate da LiciaCube?
«Sì, questa notte. Dopo la diretta dell’impatto della sonda americana (che ha fornito immagini straordinarie, fino al momento dell’impatto), qui il team dei colleghi dell’Asi e Argotec ha lavorato prima di tutto a riprendere il contatto con LiciaCube, per esser certi che non ci fossero state difficoltà, perché l’impatto ha generato un’emissione di materiale che avrebbe potuto danneggiarlo. Poi, nel momento in cui il satellite ha comunicato che era in ottime condizioni, ha iniziato lentamente (perché è un processo che porta via tanto tempo) la trasmissione, una alla volta, di queste immagini. E ogni volta che arrivava un’immagine c’era un momento di emozione. Anche perché ricordo che il satellite decide autonomamente, grazie all’Intelligenza Artificiale, come orientarsi e prendere le immagini. Poco alla volta, ci rendevamo conto che la missione era stata un successo. Avevamo davanti agli occhi veramente una testimonianza dell’evento. Ora, chiaramente, queste sono immagini che arrivano grezze e, nei prossimi giorni, ci sarà tutto un lavoro per renderle più veritiere e anche più scientificamente consistenti, quindi davvero un successo straordinario».