«La produzione riprende regolarmente». Con fiducia e orgoglio l’annuncio è stato dato negli stabilimenti Stellantis di Trémery-Metz, in Francia, e Vigo, in Spagna. C’è ottimismo anche perché l’attività dopo la pausa estiva riprenderà in modo più normale rispetto alla fine di agosto 2021, quando la carenza di chip aveva portato a una serie di arresti di produzione.
Non spirano gli stessi venti di speranza sulla piana industriale di San Nicola di Melfi. Qui la situazione è drammatica. Né, al momento, si attendono annunci di siffatto tenore. I sentimenti intorno allo stabilimento lucano di Stellantis, e nel suo popoloso indotto, sono quelli della precarietà e della paura. Prima l’annuncio della rivoluzione elettrica, quattro nuovi modelli pronti per il 2024, con l’inevitabile corollario dello smantellamento di un indotto che ruota intorno ai motori diesel e benzina. Poi la mazzata della guerra russo-ucraina, destinata ad amplificare le difficoltà del polo dell’automotive nato nella piana del nord della Basilicata. Nato grazie a un fiume di denaro pubblico (legge 488, anno 1992) elargito alla Fiat per insediare la fabbrica che avrebbe dovuto essere il miracolo industriale lucano. Dopo 30 anni, il «miracolo» è al centro di una profonda riflessione sulle cose che dovevano accadere e non sono accadute e su migliaia di posti di lavoro che rischiano di saltare in aria dal mese di settembre in poi. Come le tessere del domino.
Quale la situazione oggi? Le aziende dell’indotto, in particolare quelle della logistica, cominciano a liberarsi del personale. Cig, esuberi, licenziamenti. Anche nello stabilimento Stellantis la situazione è fluida. Nel frattempo si è alzato il grido di Cgil, Cisl e Uil che hanno indetto i primi scioperi e proclamato lo stato di agitazione. Nei primi giorni di agosto, nell’incandescente piana di San Nicola, molti lavoratori hanno presidiato le fabbriche invocando una certezza per il futuro. O almeno un paracadute per il futuro.
Del 13 agosto, invece, la mozione sulla vertenza Stellantis votata all’unanimità dal consiglio regionale della Basilicata. Il documento impegna la giunta Bardi a «sostenere insieme alle regioni Puglia, Campania e Molise l’avvio di MiSE per aprire un tavolo di confronto e trovare soluzioni sia per la gestione temporanea della crisi - che sta vivendo il comparto dell’automotive - sia strategie che· si pongano nella direzione della transizione ecologica attivando, a tal fine, politiche industriali e politiche attive del lavoro che accompagnino tale percorso».
Le attività nella fabbrica lucana di Stellantis sono ferme dal 19 agosto. I cancelli verranno riaperti il 29 agosto. Per quella data i sindacati, l’amministrazione regionale ma anche l’intera comunità regionale, sperano di poter ricevere annunci del tenore di quello francese e spagnolo. Lo scetticismo, tuttavia, domina questi giorni d’attesa e i sindacati non possono non rilanciare l’sos sulla «drammatica mancanza di giornate lavorative» soprattutto sulla linea delle Jeep Renegade e 500X.
E a proposito di 500X, l’ultimo motivo di inquietudine sono le indiscrezioni sul nuovo modello della 500XL, l’erede dell’attuale Fiat 500X che non sarà più costruita nello stabilimento di Melfi bensì nella fabbrica Stellantis di Tychy, in Polonia. Qui dovrebbe entrare in produzione anche la nuova Jeep B-SUV. Sintomi che Stellantis è in realtà in buona salute. Ed ecco perché la tensione in Basilicata è salita alle stelle anche durante la cosiddetta pausa estiva. Il timore è che lentamente ci possa essere da parte del gruppo di casa Agnelli (ricordiamo che nel consiglio d’amministrazione, con l’ad Carlos Tavares siedono anche John Elkann e Andrea Agnelli) un lento, inesorabile, disimpegno.