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Carmelina la mandriana: «A cavallo per difendere i tratturi e la transumanza»

 
Antonella fanizzi

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Antonella fanizzi

Carmelina la mandriana: «A cavallo per difendere i tratturi e la transumanza»

Foto Pasquale Ritucci - Facebook

Carmelina Colantuono, con la sua mandria, è ancora prigioniera a San Marco in Lamis, sui pascoli in provincia di Foggia, ormai troppo assolati per consentire alle bestie di nutrirsi e produrre latte in condizioni ottimali

Venerdì 03 Giugno 2022, 07:46

La luna piena di maggio, che scandisce l’appuntamento del viaggio di rientro, è già tramontata. Eppure Carmelina Colantuono, con la sua mandria, è ancora prigioniera a San Marco in Lamis, sui pascoli in provincia di Foggia, ormai troppo assolati per consentire alle bestie di nutrirsi e produrre latte in condizioni ottimali. Carmelina Colantuono, forse l’unica mandriana in Italia, è preoccupata: «Rischiamo di perdere qualche animale perché la Regione Puglia ha imposto uno stop alla transumanza nell’ipotesi in cui nel territorio sul quale si trovano gli animali ci sono altri capi di bestiame malati. Il blocco agli spostamenti vale per tutti, anche per le aziende a cui appartengono gli animali in salute».

Per ottenere il via libera allo spostamento, occorre fare il test per scongiurare il contagio dalla tubercolosi, «ma l’istituto zooprofilattico non è pronto per fare questo ulteriore esame specifico», si stringe nelle spalle Carmelina.

Accettare questa sconfitta per l’imprenditrice che è riuscita, nel 2019, a far ottenere a questa pratica millenaria il riconoscimento da parte dell’Unesco di Patrimonio immateriale dell’Umanità, è impossibile. Insieme ai fratelli e ai cugini - che hanno ereditato l’amore per la natura e per l’«allevamento etico» dai loro avi (l’azienda casearia Colantuono è alla quinta generazione) - Carmelina guida a cavallo 300 vacche di razza podolica per 180 chilometri, attraversando montagne, fiumi e paesi dell’entroterra, in un ponte che trasuda storia e tradizioni e che collega il Molise alla Puglia, e viceversa. Grazie all’allevatrice visionaria la transumanza è diventata un rito collettivo: «Partiamo in venti ma, nell’arco di cinque giorni, diventiamo centinaia. Alla nostra carovana si aggiungono pure i turisti che arrivano dal Canada o dalla Germania, figli di migranti che hanno cercato fortuna all’estero ma che, come noi, vengono attirati dal richiamo della terra e della natura da preservare. Ci seguono a piedi, in bicicletta o a cavallo. Percorrono con noi gli antichi tratturi, le strade di erba o di pietra che sono sopravvissuti alle colate di asfalto e all’urbanizzazione»...

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