Prosegue il dibattito sulla riforma della Giustizia, stretta tra la proposta varata dal ministro Marta Cartabia che sarà discussa in Parlamento e i requisiti referendari. Buona parte delle possibili modifiche riguarda il Csm, finito al centro qualche tempo fa del clamoroso scandalo legato al caso Palamara. Giovanni «Ciccio» Zaccaro, giudice barese, esponente di Area, la corrente di «sinistra», è uno dei componenti di Palazzo dei Marescialli. Ecco perché il suo osservatorio è quanto mai privilegiato.
Consigliere Zaccaro, la proposta di modifica delle norme che regolano la competizione elettorale per accedere in Consiglio, lì dove si decidono le carriere delle toghe, è decisamente ispirata a un principio maggioritario. Cosa ne pensa?
«A me sembrano evidenti i rischi di un sistema elettorale fortemente maggioritario: il Csm non è un organo di governo (nonostante la vulgata) dove potrebbe avere un senso introdurre una legge maggioritaria, ma è un organo di garanzia, dunque per definizione “antimaggioritario”. Insomma, non serve avere una maggioranza o una minoranza (anzi è dannoso avere una maggioranza come ha dimostrato il primo anno quando c’era la maggioranza dell’hotel Champagne). Serve invece che il Csm rappresenti tutte le diverse sensibilità culturali della magistratura che - detto per inciso - ne hanno rappresentato la forza e la ricchezza come dimostra la storia Repubblicana».
Tra le proposte che stanno suscitando un acceso dibattito, ci sono anche le pagelle ai magistrati. I giudici temono brutti voti?
«No. Mi preoccupa piuttosto un’idea delle pagelle che, pensata con le migliori intenzioni, ispirata a premiare il merito, rischia allo stesso tempo di fomentare la competizione e la rivalità negli uffici giudiziari. Tutto questo contrasterebbe fortemente con il modello costituzionale di una magistratura di uguali».
Correnti, l’accezione è ormai diventata negativa. Sono davvero il vero male della magistratura?
«Più che il correntismo si dovrebbe sconfiggere il carrierismo ossia la brama di alcuni magistrati per conseguire posti direttivi e semidirettivi. Se non ci fosse la “caccia” al posto direttivo, il tema della nomine perderebbe importanza ed il dibattito si concentrerebbe sulle tante importanti questioni di politica giudiziaria che pure occupano quotidianamente il Csm, senza che nessuno se ne accorga».
Da alcune settimane ormai è entrato in vigore l’”Ufficio del processo”, istituto finanziato con i fondi del Pnrr dedicati alla giustizia. Giovani (e meno giovani) assistenti affiancano i magistrati con l’obiettivo di smaltire l'arretrato. Come sta andando?
«Sono apprezzabili gli sforzi del governo di fornire risorse alla giustizia, come per esempio i neo assunti funzionari per l’ufficio per il processo. Rimangono alcuni problemi relativi alla loro formazione, alle dotazioni tecnologiche, e in uffici come Bari dove sono noti i problemi legati all'edilizia giudiziaria, anche relativi alle migliori soluzioni logistiche per consentire loro di potere operare al meglio. La partenza sembra buona, tuttavia il problema vero è un altro».
Quale?
«La vera sfida è rappresentata dalla riduzione dei tempi del processo. Occorre agire sulla domanda di giustizia, si deve analizzare e neutralizzare con modalità alternative al processo i motivi del contenzioso civile , si deve rinunciare all’ipertrofia penale (basti pensare al numero di processi dovuti alle politiche proibizioniste in materia di sostanza stupefacenti leggere)».