L'affollamento agostano, con le strade intasate, i lidi-carnaio e i ristoranti intasati, è il più grosso rischio reputazionale del turismo pugliese. Perché così come il passaparola è un formidabile agglutinatore di consensi, le recensioni negative persistono come una macchia cibernetica indelebile. Ed ecco che le strade da percorrere sono tre: destagionalizzare, raccordare meglio i servizi lì dove sono più necessari (le mete balneari del Foggiano e del Leccese, innanzitutto) e lavorare per valorizzare quegli attrattori ancora sottostimati, come l'offerta di esperienze per turista sportivo e per quello dedito alla pesca sostenibile.
L'analisi, che parte da una ricognizione di offerta e domanda e interpola “big data” e indagini campionarie, è contenuta nel «1° report di analisi economico-territoriale per Unioncamere Puglia» firmato Isnart. Il dossier è stato illustrato ieri da Flavia Maria Coccia (Isnart) nel corso di un webinar organizzato da Unioncamere Puglia, in collaborazione con le camere di commercio pugliesi, a valere sul Fondo di perequazione 2019-2020 - sostegno del turismo di Unioncamere nazionale, e introdotto dai saluti istituzionali del segretario generale dell'ente camerale di Lecce, Francesco de Giorgio.
La base di partenza di ogni ragionamento è l'esistente, ovvero un’offerta turistica pugliese «caratterizzata, da una base imprenditoriale che conta 35.501 imprese registrate al IV trimestre 2021; valore questo pari al 5,6% della filiera turistica nazionale e che conferma l’incidenza rispetto agli anni passati». In termini di addetti parliamo di «poco più di 142 mila unità, pari al 5,4% del totale nazionale» con le sole province di Bari e Lecce che rappresentano «il 60% dell’offerta turistica regionale in termini di imprese (Bari 36,4%; Lecce 23,8%) e oltre il 65% in termini di addetti (Bari 41,6%; Lecce 23,8%). Seguono Foggia con 15,7% delle imprese turistiche sul totale filiera turistica regionale e il 14,1% degli addetti al settore turistico sul totale regionale, Taranto (imprese 13,2%; addetti 11%) e Brindisi (imprese 11%; addetti 9,5%)».
Il problema, è stato evidenziato, è che parliamo di tantissime micro-imprese, salvo nel Barese che, con una media di 4,6 addetti, supera sia la media regionale sia quella nazionale. Il biennio pandemico ha quindi causato (IV trimestre del 2021) un turnover negativo pari al -1.2% tra imprese nate e morte.
Tra le componenti dell’offerta turistica le imprese di ristorazione rappresentano ben il 64% della filiera turistica regionale (70,5% nel Tarantino), seguono le imprese di alloggio, che costituiscono il 12,4% della filiera turistica regionale (17% nella provincia di Lecce). Il 12,1% sono le imprese inerenti le attività culturali e ricreative (13,8% Bari), il 6,5% le imprese di trasporto, (7,4% Bari; 7,3% Brindisi) e solo il 3,7% le agenzie di viaggi.
Ipertrofico il «mercato alternativo»: 66mila tra appartamenti, camere in affitto e B&B, cioè 7 volte più del sistema ricettivo ufficiale.
Quanto alla «vendita», si evidenzia come nel 2021 a giugno le imprese ricettive pugliesi hanno venduto solamente il 36,6% della disponibilità del periodo contro la media nazionale del 42,3%, ma tale percentuale tende a crescere nel mese di luglio, (63,7%) fino a raggiungere il picco, di quasi l’84%, ad agosto, collocandosi al di sopra della media nazionale (81,5%). Qui, in altre parole, c'è l'ingorgo. E siccome, alla luce dell'invasione russa dell'Ucraina, anche quest'anno si prevede di dover puntare molto sul turismo nazionale, è prevedibile che questo quadro si ripeterà. Oltre che lavorare in anticipo, evitando di creare disservizi e, a cascata, danni reputazionali, per «spalmare» i turisti si potrebbe – è il suggerimento di Coccia – puntare su quelle potenzialità ancora inespresse. Per esempio, l'indagine condotta evidenzia come soltanto il 9,8% dei turisti arriva in Puglia per praticare sport, un indica giudicato «molto basso a livello nazionale».
Nel 2021 – è stato spiegato – in Puglia i turisti hanno speso di più al giorno e si sono fermati più a lungo. Ma, a questo turista benspendente, se lo vogliamo, dobbiamo garantirgli servizi di qualità e, quindi, per esempio, personale formato.