Damir Grubiša, politologo, ambasciatore della Repubblica di Croazia a Roma dal 2012 al 2017, è attualmente professore aggiunto presso l’American University a Roma, prima ancora è stato docente di scienze politiche all'Università di Zagabria, oltre che capo di gabinetto del ministero degli esteri croato dopo aver avuto lo stesso incarico presso il ministero degli esteri negli ultimi anni della Jugoslavia.
Ambasciatore, da uomo che occupava posti di responsabilità nella ex Jugoslavia al momento dello scoppio della guerra che avrebbe portato alla dissoluzione di quel Paese, intravvede in questo ultimo conflitto la possibilità di un accordo di pace?
Sono stato testimone oculare, purtroppo, di come si scivola da una situazione di equilibrio precario verso una situazione di conflitto armato. E purtroppo, non ci si accorge quasi mai di ciò che sta accadendo. Ma non è successo solo nella ex Jugoslavia. In questo modo è iniziata anche la Prima guerra mondiale. Ma purtroppo, gli esseri umani sembrano condannati a commettere se non gli stessi errori, almeno degli errori molto simili. In questo caso, i segni premonitori c’erano tutti, ma i politici non hanno saputo ne leggerli ne interpretarli. Partendo da analisti politici conservatori come Henry Kissinger, realisti come John Mearsheimmer, o progressisti come Noam Chomsky, che pur avevano avvertito la possibile degenerazione della situazione Ucraina e il rischio una guerra con la Russia. Cosi è stato. Questo conflitto è iniziato come un’aggressione armata alla Ucraina e l’invasione del suo territorio, ma questo e soltanto l’ultimo anello nella catena degli avvenimenti. Purtroppo, nessuno ha saputo leggere i «segni del tempo». Dobbiamo dire che la NATO ha alcune responsabilità: con la sua politica dell’allargamento ha creato una situazione che la Russia ha interpretato come una minaccia. E poi, nella sua politica trionfalistica ha individuato la Russia come nemico, quanto è bastato per frustrare i russi e farli cadere in una paranoia che purtroppo si è manifestata in questa aggressione alla Ucraina.
Trova giustificato, da parte della Ue il ricorso alla fornitura di armi piuttosto che a una incisiva azione diplomatica?
L’ Unione europea deve essere solidale con l’Ucraina, deve accettare i profughi e inviare massicci aiuti umanitari. Mandare armi vorrebbe dire entrare nel conflitto, e qui sta il pericolo di un allargamento nelle zone limitrofe all’Ucraina e all’Europa stessa. La decisione di mandare armi è una decisione sbagliata. I leader europei sembra stiano perdendo, anche loro, la bussola… E lo si vede dalle sanzioni economiche che in molti casi riescono a far compattare i leader, in questo caso autocratici, con il popolo. Dunque, il risultato non sarà un cambiamento di regime, ma con la propaganda moderna e le tecnologie informatiche riusciranno solo a rafforzare l’autocrazia a l’assolutismo di Putin e far piombare la Russia nella più nera miseria. Come, d’altra parte, avranno una ripercussione anche in Europa, che subirà una crisi economica ed energetica, con un’inflazione alle stelle, la caduta delle borse, ed infine una prevalenza dei populismi, nazionalismi e perfino soluzioni velleitarie e autoritarie.
Lei vede una via d’uscita per l’immediato?
Bisogna cercare la pace subito! E qui nasce il problema. La Russia e l’Ucraina stanno, apparentemente, negoziando. Ma non è un negoziato che possa portare a un risultato duraturo, più che altro è una performance propagandistica per la Russia e tragica per l’Ucraina. Qui ci vuole la mediazione dei maggiori attori internazionali che in questo momento stanno al di fuori di questo conflitto, per creare un compromesso diplomatico. Il che vorrebbe dire salvare migliaia di vite di civili innocenti. Mi chiedo dove sia l’ONU? Dove è il segretario generale, Antonio Guterres?
In alcune interviste suggerisce un intervento personale di papa Francesco e degli altri capi religiosi.
Si, ho fatto un appello al Papa, ma anche al patriarca Kiril di Mosca, perché le religioni predicano la pace. Devono far sentire la loro voce, perché come dice Erasmo di Rotterdam nella sua «Querela pacis», se non sono i padri spirituali che predicano la morale e la pace tra gli uomini, chi ci sarà? Purtroppo, i politici si sono mostrati carenti di questa sensibilità.
Un ultima domanda sulle ripercussioni che la crisi potrebbe avere sui paesi dei Balcani occidentali?
Quello che l’UE potrebbe fare adesso è offrire subito all’Ucraina uno status speciale di membro associato, ma non solo all’Ucraina. Alla Moldavia, che si sente minacciata e vuole entrare a far parte dell’Ue, alla Bosnia e Erzegovina e agli altri paesi dei Balcani Occidentali: la Serbia, la Macedonia, l’Albania, il Montenegro a anche il Kosovo. D’altronde, la Comunità europea aveva proposto questo status alla Jugoslavia, nel 1991, per prevenire la guerra. Non si tratta ora di trasgredire i criteri di Copenhagen e Madrid, ma di creare una nuova situazione ad hoc, e garantire a questi paesi il loro futuro europeo, in questo modo mettendo da parte l’attendismo di molti leader europei che avevano deciso di rimandare a data futura gli allargamenti.