Antonio Canova e Napoleone Bonaparte hanno incrociato, per più di un momento, le loro vite in nome dell’arte. Canova è stato, infatti, anche l’artista che divenne un diplomatico per conto del Papato. Non era solo uno scultore eccelso, ma anche un abile “agente segreto”, che dopo la caduta di Napoleone, quando l’Europa cercava, a fatica, di ricomporsi, fu inviato dal Vaticano con un compito delicatissimo: riappropriarsi di tutte quelle opere d’arte che il conquistatore francese aveva trafugato da Roma. Canova non brandiva una spada, ma utilizzava, anche in maniera tagliente, la parola ed è per questo che, come forse pochi sanno, è stato un ambasciatore per conto della bellezza del nostro Paese. Che cosa accadde in un famoso giorno del 1802 a Parigi? Ci fu il primo vero incontro tra Napoleone e Antonio Canova, proprio quando l’artista stesso ottenne l’incarico di scolpire un busto del grandissimo Bonaparte. Da questi incontri nacque il famoso busto in divisa (di cui il gesso originale è a Possagno, mentre una seconda versione è conservata presso l’Accademia di San Luca, a Roma, dove, peraltro, lo scultore mise in piedi una vera e propria scuola per sostenere i giovani artisti). In seguito, Canova continuò a lavorare per conto di Napoleone nella scultura monumentale dal titolo Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore. Resta inoltre indimenticabile anche la statua dedicata alla sorella Paolina, ritratta come una stupenda dea. Quando Canova realizzò la prima scultura per Napoleone, questi si era appena proclamato imperatore dei francesi a Notre-Dame. Tuttavia i loro rapporti non terminarono in questo momento di magnificenza per l’imperatore. Su incarico di papa Pio VII, Canova dovette riportare a Roma le opere d’arte prese proprio da Napoleone, nel momento in cui credeva di impossessarsi di mezza Europa.
Quali opere erano nelle mani di Bonaparte? Aveva preso dipinti di Raffaello, Tiziano, Correggio, Guido Reni, insieme ad antichi bronzi, al gruppo del Laocoonte, e a molti dipinti di scuola rinascimentale. Bonaparte non aveva sottratto statue, dipinti e manoscritti soltanto da Roma, ma ogni città italiana - da Venezia a Milano – aveva visto partire per la Francia un pezzo del proprio splendore. Canova aveva ricevuto una missione davvero difficile. I detrattori dicono che salvò solo il 30 per cento delle opere, ma – al di là dei numeri - fu comunque un’impresa grandiosa, in cui riuscì a realizzare veramente quello che la legge del ‘700 (contro le esportazioni) non era riuscita a fare. Gli costò molta fatica: in una lettera al Segretario di Stato Vaticano Consalvi disse «non dormo e non mangio», riferendosi al peso della responsabilità, che sentiva, giorno e notte, verso quella missione così delicata (e così tanto desiderata dal Vaticano). Seppe scomodare altri potenti per riuscire nel suo intento di recupero del patrimonio artistico. Si rivolse al celebre comandante inglese Wellington, colui che aveva sconfitto Napoleone a Waterloo. Si fece anche aiutare dall’austriaco Metternich. E portò a casa dei buoni risultati! A Bologna, il primo convoglio proveniente da Parigi arrivò l’8 dicembre 1815, con un carico di casse contenenti libri e manoscritti, prelevati nel 1796. Tuttavia il carico più consistente giunse il 30 dicembre, scortato dallo stesso Canova.
Lo scultore cercò, su suggerimento del Papa, di porre un “riparo” a quel che era accaduto a seguito al Trattato di Tolentino del 1797, quando le truppe di Napoleone avevano iniziato a confiscare preziose opere e beni artistici dai musei e dalle collezioni degli aristocratici. L’intento dell’imperatore, nei giorni della fortuna, era quello di creare una grande collezione per trasformare il “Musée Français”, inaugurato da Robespierre, in “Musée Napoléon”. Canova rese un gran servizio non solo al papato, ma all’intera penisola italiana. Ma chi era davvero quest’ “agente segreto” così abile nella scultura? Antonio Canova è stato quello che oggi definiremmo un vero e proprio vip: è stato l’artista più richiesto in Europa e fuori dall’Europa fino a incontrare il gusto dell’aristocrazia russa. Come ha ricordato il direttore generale del Museo Statale Ermitage, Michail Piotrovskij, lo scrittore Puškin conosceva bene le opere di Canova, anche perché, probabilmente, le aveva viste all’Ermitage, dove Alessandro I acquistò dalla prima moglie di Napoleone, Josephine, quattro statue. Era il 1814 e i collezionisti russi facevano a gara per poter avere un’opera dello scultore italiano, capace di travalicare il tempo per incontrare quell’antico gusto greco e i suoi miti. Canova fu molto apprezzato dai papi della sua epoca, fin dal tempo di Pio VI, che vide nel suo talento la capacità di esprimere pienamente la spiritualità del cristianesimo. E papa Pio VII, come dicevamo, non solo lo rese Ispettore generale delle Belle Arti dello Stato Pontificio, ma, in più occasioni, disse che per Canova l’arte non era un lusso, bensì una forma di preghiera scolpita nella pietra.















