Lunedì 13 Ottobre 2025 | 09:23

Nella Londra di Céline, cadavere di civiltà in salotto

 
Lara Laviola

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Lara Laviola

Nella Londra di Céline, cadavere di civiltà in salotto

Il grande misantropo sbarca nella capitale britannica e scopre una città di pioggia, bordelli e coloniali in decomposizione

Lunedì 13 Ottobre 2025, 06:25

Adelphi pubblica Londra, il romanzo inedito in cui Céline osserva Londra come un medico legale guarda un cadavere di civiltà. Il grande misantropo sbarca nella capitale britannica e scopre una città di pioggia, bordelli e coloniali in decomposizione, raccontata con furia sintattica e l’eleganza di un tossico in frac. È l’anti-Notting Hill: qui nessuno si innamora, tutti tossiscono.

Cos’è Londra oggi invece? Non è certamente un posto che può avere una sola descrizione. Se parlate con due persone che vivono rispettivamente uno a Chelsea e l’altro a Brixton vi diranno di due città diverse. È come divisa in due: da un lato i club dove si parla di Byron e dall’altro, nei capannoni di Canning Town, quelli dove Byron sarebbe sicuramente finito a ballare a torso nudo alle cinque del mattino.

È un equilibrio misterioso, quasi alchemico, quello tra i gentlemen’s club di Pall Mall - con le loro poltrone di pelle e il Wellington del mercoledì - e i prefabbricati senza orario dove si entra già sudati per dissolversi in luci stroboscopiche e bassi industriali.

Il Travellers Club, fondato nel 1819, ammette solo uomini che abbiano viaggiato “oltre i confini dell’Impero”, ossia soprattutto diplomatici. Oggi basta un biglietto Easyjet per Ibiza, ma loro fingono di non saperlo. Le pareti sono coperte di ritratti di esploratori vittoriani che osservano i membri discutere di “affari di Stato” o del peggioramento del Times. Il fascino del Travellers è qui: nella sua ostinata impermeabilità al mondo moderno. È un museo vivente dell’aristocrazia imperiale, dove si entra per essere protetti dal presente. Gli smartphone sono vietati (anche se qualcuno li usa di nascosto) e si parla di “declino dell’educazione” o “del mistero del nuovo ambasciatore francese”.

Eppure, dietro l’ironia, affiora un senso di continuità e di civiltà che resiste: qui si parla piano, si ascolta, si dà del “sir”. Un ex colonnello ricorda che un tempo servivano due continenti attraversati e un libro scritto su uno di essi; Oggi basta una raccomandazione e un discreto passato al Foreign Office. “La cosa importante,” dice, “è non sembrare troppo entusiasta. Il vero gentleman non chiede mai, aspetta.”

Scendendo la scala si accarezza il corrimano installato per il claudicante Talleyrand, detto “il diavolo zoppo”. Un cartello invita a “non discutere di affari”. Forse è questa la sua essenza: in una città che va piuttosto di fretta, il Travellers resta un’oasi di immobilità deliberata, dove l’unico vero viaggio è nel tempo.

Un po’ più giù, a Covent Garden, c’è il Garrick Club, il club nato per gli esponenti del mondo dell’arte e delle lettere ma che oggi include anche funzionari governativi. 1500 membri, la lista è stata svelata di recente per la prima volta dal Guardian e include tra gli altri l’AD di Royal Opera House, Re Carlo, il direttore d’orchestra Antonio Pappano. Dopo due secoli di men-only policy, a maggio 2024 hanno finalmente aperto alle donne. Un terremoto. Alcuni membri storici hanno minacciato di dimettersi ma lo avrebbero fatto inutilmente visto che solo tre donne sono state ammesse dall’anno scorso (Celia Imrie, Judi Dench e Sian Phillips). Fa parte del Garrick anche l’ex capo dell’MI6, Sir Richard Moore, recentemente sostituito dal primo capo donna dei servizi segreti britannici, la Blaise Metreweli abbastanza cool da sembrare uscita da House of Cards. Chissà se lei ce la farà ad essere ammessa al posto più esclusivo del West End.

Poi c’è l’altra Londra, quella che non legge il Times e non conosce nessuno che abbia mai messo i gemelli ai polsini. È quella che balla al FOLD, a Canning Town — un’ex zona industriale, ora club e laboratorio musicale. Per arrivarci bisogna oltrepassare una tangenziale, attraversare un parcheggio deserto e varcare una porta metallica. Dentro, però, un’altra aristocrazia: quella del basso profondo, del vinile raro, dei DJ che parlano poco ma fanno vibrare i muri.

Il FOLD è una cattedrale profana dove non c’è dress code, ma c’è un codice morale: libertà, inclusività, ritmo. È un club di viaggiatori anche questo — solo che il viaggio è quello che ti fai con le luci che sembrano disegnate da Turner in hangover.

La domenica pomeriggio, all’evento Unfold, si balla dalle due alle dieci, senza lineup annunciata. È l’anti-Garrick: zero nomi, zero chiacchiere, solo corpi e suoni. I partecipanti, spesso in look post-industriali o futuristi, sembrano usciti da una sfilata Balenciaga che ha perso l’ultima corsa della metro. 

Anche lì si respira lo stesso bisogno antico dei club di Pall Mall: appartenere. Solo che qui non servono lettere di raccomandazione, ma scarpe comode e resistenza cardio. Tra il FOLD e il Travellers, tra il gin tonic e l’acqua con MDMA, Londra resta la stessa: una città che vive di club, di appartenenze, di piccoli mondi privati dove si può essere sé stessi o qualcun altro per qualche ora. In fondo, che differenza c’è tra un colonnello in pensione che racconta della Birmania del ’52 e un DJ che mixa techno balcanica alle tre del mattino. Entrambi cercano un pubblico, entrambi vogliono essere ascoltati.

Si dice che Londra cambi ogni cinque anni, ma i suoi club dimostrano che non è vero. Che si tratti di velluto o cemento, la città resta sempre un enorme salotto - o un’enorme dancefloor - dove tutti cercano un posto per sentirsi parte di qualcosa.

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