Italo Calvino e il teatro. Il teatro come oggetto di desiderio. Un desiderio da perseguire ma anche un poco, forse, da reprimere, quasi con recalcitrante contraddittorio impulso. Amante da criticare e insieme da desiderare il teatro, chissà forse anche con un tantino di repulsione, visto che ideologia oblige, fra Croce, Marx e Gramsci. Eppure la pratica del teatro accompagna Calvino e lo “perseguita” da sempre, già prima del biennio 1949/50, quello in cui dopo il trasferimento a Torino e l’inizio della “eterna” collaborazione con la Einaudi, si occupa della critica teatrale per le pagine torinesi de L’Unità: in questo riproduce, quasi pari pari, l’esperienza che era stata di Antonio Gramsci critico teatrale (sulle pagine torinesi de l’Avanti) dal 1916 al 1920. Ma già negli anni della guerra (’41/’43) Calvino parla di soggetti e progetti di teatro nelle lettere a Eugenio Scalfari, collega di liceo e di sogni cultural-politici ancora confusi. Anzi un testo l’aveva anche scritto, a vent’anni nel ’43, I Fratelli di Capo Nero, di cui si son perse le tracce. Il risveglio al teatro avverrà poi nel corso degli anni ’50, quando già è ormai più che noto, dopo Il sentiero dei nidi ragno (1947) con Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957) fino al Cavaliere inesistente del ’59. Nel ’52 risulta (trovo in Calvino e il teatro di Enrica Ferrara, ed. Peter Lang, 2011) aver scritto un Allez-Hop, soggetto di “metaforma politica e divertimento teatrale” destinato alla musica di Luciano Berio che andò in scena poi alla Fenice di Venezia nel ’59. Risulta un atto unico del ’55, La panchina. Sempre alla musica di Berio si accompagnerà La vera storia del 1979, quindi postumo nell’87 (Calvino muore nell’85) La foresta-radice-labirinto. Ma gli anni ’50 sono in tutta evidenza in Calvino contaminati dal teatro soprattutto, perché negarlo?, in virtù della relazione sentimentale, ma non solo, con un’attrice come Elsa De Giorgi (1914/1997) negli anni dal ’55 al ’58. La De Giorgi, che era stata negli anni ‘30 diva nei film dei “telefoni bianchi”, fu anche gran dama di cultura, fu regista e scrittrice, oltre che contessa fiorentina (dal marito Sandro Contini Bonacossi, partigiano). Fra Calvino e la De Giorgi, la cui memoria fu poi del tutto “sbianchettata” dagli eredi ufficiali e dalla vedova di Calvino Esther Singer (la Chichita) è stato in parte pubblicato l’epistolario (407 lettere): fu definito da Maria Corti “il più bello del Novecento”. Impulsi e pratiche teatrali pertanto accompagnano Calvino dagli anni ‘40 dell’adolescenza studiosa e studente, lungo il periodo fecondissimo dei ‘50 e poi anche oltre fino agli ultimi anni di sua vita e di sua produzione. È degli anni ‘70 il progetto a lungo coltivato e solo in parte realizzato del Teatro dei Ventagli, in collaborazione con l’artista e scenografo Toti Scialoja, di cui dà conto Mario Barenghi in, appunto, Il teatro dei Ventagli (Mondadori, 2023). Si trattava di una serie di sei trasmissioni per la Tv dei ragazzi, un teatro (così si espresse Calvino) del tutto “comico, grottesco, colorato”, a cui l’autore e Scialoja lavorarono a lungo, nel ’77/’78, dove l’ idea drammaturgica e visiva, era quella di dare protagonismo a degli oggetti comuni (una scopa, una piuma, un cappello, un armadio, ecc.) da sviluppare attraverso una narrazione sia letteraria (Calvino) che scenica (Scialoja). La faccenda non andò in porto, ma Calvino gli tenne dietro con Scialoja, inutilmente, fino alla morte nell’85. A dare in questi ultimi anni, un rinnovato slancio teatrale ad alcuni testi di Calvino sono stati, insieme alle Cosmicomiche, alcune riduzioni sceniche tratte dagli Antenati: protagonisti quei gentiluomini e cavalieri, così araldici eppure cosi contemporanei che sono Medardo di Terralba ne Il Visconte dimezzato, Cosimo Piovasco di Rondò nel Barone rampante, Agilulfo ne Il Cavaliere inesistente, testo di cui ricordo una versione, titolo Agilulfo, al Piccolo Teatro di Bari, attore e regista Franco Damascelli negli anni ‘80. Ma è a partire in specie dal centenario dalla nascita di Calvino, nel 2023, che questi testi in specie risultano apprezzati dal teatro italiano. Dalle Cosmicomiche abbiamo un Cosmicomica, vita di Q del regista Luca Marinello (Q è iniziale di Qfwfq, il narratore dei racconti), quindi tutti tre gli Antenati sono stati omaggiati da una messinscena. Il Piccolo di Milano ha allestito (stag. 23/24) un Barone rampante, avremo in questa stagione un Visconte dimezzato di Luca Mazzone col Teatro di Cagliari, poi un Cavaliere inesistente col Teatro di Roma e la regia di Tommaso Capodanno. Un teatro in definitiva, questo da Calvino, affatto inesistente, né dimezzato, anzi rampante come insegna araldica che garrisce dall’alto di antichi spalti nobilissimi, verso queste nostre buie e svilite valli, verso questi sprofondati scenari, “orridi” melmosi e sanguinanti.

Il teatro come sentimento
Domenica 28 Settembre 2025, 21:00