Lunedì 15 Settembre 2025 | 23:33

Il catalogo delle navi: In principio furono le peace boat giapponesi

 
Dorella Cianci

Reporter:

Dorella Cianci

Freedoom Flotilla ci riprova: la rotta della speranza per Gaza passa anche da Gallipoli

Lunedì 15 Settembre 2025, 20:14

«Cantami, o diva, dove si è incagliata la pace!». Come mai questa richiesta in tono epico? È presto detto: da qualche parte abbiamo perso una lezione pacifista, che pareva oltremodo acquisita nel 1945, al termine del secondo conflitto mondiale e davanti all’orrore delle due devastanti atomiche. La storia si era fermata dinanzi alla brutalità: l’uomo aveva dimostrato a se stesso quanto il suo progresso potesse tragicamente farlo regredire… E in quel momento è iniziata una specie di revisione collettiva del concetto di "pace". Di lì a poco, la passata Società delle Nazioni (sorta a fine prima guerra mondiale senza tuttavia riuscire a concretizzare il suo intento di prevenire i conflitti armati) sarà sostituita dall’ONU, un’Organizzazione internazionale per garantire i rapporti di pace tra le nazioni, perseguendo la cooperazione e le relazioni politiche intergovernative. Non era solo un’idea. Era il progresso che si incarnava nella storia. Come ben noto, poi, nel ’49 ci fu la firma del Patto Atlantico da cui è nata l’Organizzazione del Trattato Atlantico del Nord, in sigla NATO, cioè un’alleanza militare a scopo difensivo. Qui c’è già qualche contraddizione in termini su cui eventualmente soffermarsi, tuttavia i fatti storici sono questi. È accaduto, inoltre, che nel ‘55, dopo l’adesione della Germania Occidentale al Patto Atlantico, c’è stata la ratifica del Patto di Varsavia, con cui l’Unione Sovietica ha istituito un’alleanza militare con i suoi paesi satellite. Già qualcosa scricchiolava…

Nel secondo dopoguerra e poi per tutti gli anni della guerra fredda, la «pace» è diventata un surrogato del suo stesso concetto, coincidendo con l’allargamento delle zone d’influenza e di controllo strategico degli assetti politici (amici e nemici). Non è facile ricostruire esattamente il momento in cui la pace si è incagliata. Come spiega il movimento pacifista, che in Italia ha avuto ed ha esponenti di spicco, il concetto di "pace", attraverso i secoli, ha assunto significati diversi. Il primo trattato di pace avvenne tra Egizi e Ittiti e decretava come bene prezioso l’assenza di conflitto. Esiste anche una storia della nonviolenza, di vittorie senza armi, la cui prima testimonianza risale alla Roma del 494 a.C.: uno sciopero dei plebei dell’Urbe. I concetti di "guerra" e "pace" sono spesso cambiati nel tempo: col cristianesimo la violenza ha evidentemente perso lo status di “valore”, ma solo nel XIX secolo la ricerca della pace ha iniziato a trasformarsi in un ideale riconosciuto, grazie alle prime “società per la pace” americane.

Non è facile condensare il tema, ma possiamo arrivare agli anni Duemila e notare come le navi, al di là della storia antica, possono anche essere portatrici di ideali di pace e non solo di battaglie. Torniamo con la mente al maggio 2010, una data divenuta cruciale per tutte le flottiglie “esportatrici” di pace. Arrivare a questa data, significa ripercorrere un capitolo cruciale della lotta palestinese contro l’occupazione e l’assedio di Gaza, ma anche ricordare un momento di grande impegno, iniziato quando il 23 agosto 2008 le prime due imbarcazioni, la “Free Gaza” e la “Liberty” (partite da Cipro) giunsero nel porticciolo di Gaza City, accolte dagli applausi dei palestinesi. Israele non bloccò quel viaggio verso Gaza. Nacque così la prima Freedom Flotilla. Poi è attivato quel 2010, con un criminale attacco contro alcune navi della missione Freedom, provocando la morte di dieci attivisti e ferendone 56: un’azione che non fu solo un atto di violenza militare, ma anche un segnale di repressione verso un movimento internazionale di solidarietà verso i diritti del popolo palestinese.

La storia di questa resistenza (dalla prima flottiglia fino alle missioni attuali in partenza verso Gaza) è la testimonianza di una comunità internazionale che sceglie di opporsi al silenzio, in nome della pace. E quest’esigenza, nata dal basso, si manifesta nel momento in cui ogni singolo cittadino ha notato come la pace – tutelata e calata dall’alto delle istituzioni – si sia incagliata, lungo la storia, in una serie di malintesi, di interessi di parte, di logiche manipolatrici dei Paesi più potenti. Mi pare qui doveroso, parlando di pace accostata alle navi, ricordare Peace Boat, fondata nel 1983 da un gruppo di studenti universitari giapponesi in risposta alla censura governativa, nei libri di testo locali, circa la storia militare del Giappone nell’Asia-Pacifico. Il primo viaggio organizzato da Peace Boat è stato una spedizione di 12 giorni per visitare Ogasawara, Iwo Jima, Guam e Saipan, per apprendere la storia della guerra da chi l’ha vissuta. Da allora, Peace Boat si è evoluta in una organizzazione non governativa internazionale con sede in Giappone, impegnata a promuovere la pace, i diritti umani e la sostenibilità attraverso viaggi navali globali e regionali, chiedendo, a gran voce, quello che una parte di mondo, oggi, sembra ignorare: il disarmo. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)