Sarebbe facile rintracciare le sue ali di cera in quella precipitazione continua che gli artisti hanno cristallizzato in una forma ormai iconica, celebrando la caduta di un uomo che voleva volare. Non un angelo ribelle, non il figlio di un dio, piuttosto un figlio dell’uomo, un sovversivo: Icaro, figlio di Dedalo, finito in mare dopo aver sfidato la forza di gravità con ali di cera.
Ma tra tutte le opere ispirate alla storia della fuga dal labirinto di Minosse, proprio grazie a quelle fragili ali che si sciolsero al sole dopo la disobbedienza alle raccomandazioni del padre, bisogna ammettere che la più rappresentativa è la tela firmata nel 1558 da Pieter Bruegel, intitolata Il vecchio, (realizzata dallo stesso autore di due preziose versioni della Torre di Babele).
A ben vedere, infatti, il protagonista di questa tela non è il giovane Icaro ma il paesaggio che lo avviluppa dopo la caduta, un dettagliato racconto pittorico che all’osservatore più attento, meno attratto dalla solita retorica, rivela un particolare: in mare aperto, accanto a una nave, si intravedono due gambe nell’atto di agitarsi come dopo un tuffo o, per l’appunto, una caduta dal cielo.
Ed eccolo il nostro Icaro, il personaggio mitologico si lascia giusto intravedere, intuire, come nelle grandi tradizioni narrative, i colpi da maestro che innescano la partecipazione dell’osservatore. In quest’opera il peggio è già accaduto, ma il corpo di Icaro non è ancora giunto a riva, è tra le due forze del paesaggio, cielo e mare. Colui che ha sfidato i limiti, si fa per un istante congiunzione.
Le letture simboliche si inanellano nel tempo, restituendoci un personaggio ambivalente. In un’altra versione ad incisione Bruegel rende più comprensibile il tema raffigurando Icaro e Dedalo ancora in volo. Al centro, però, campeggia sempre un veliero a tre alberi. Nel Medioevo il mito viene interpretato in chiave moralistica. Dobbiamo aspettare il Rinascimento per una rilettura positiva, a risignificare il messaggio di Icaro è la composizione del tondo marmoreo di Bertoldo di Giovanni (1465) per il cortile di Palazzo Medici-Riccardi, a Firenze. Icaro è su un piedistallo, come la statua di un dio.
Nel dipinto di Hans Bol (1534-1593) i personaggi vengono raffigurati prima di innalzarsi in volo e poi mentre si librano in cielo. Nel Seicento i paesaggi scompaiono e l’influenza caravaggesca si percepisce nell’opera di Peter Paul Rubens del 1636 (o del suo allievo Jacob Peter Gowy). Artus Quellinus (1609-1668) ha raffigurato l’inizio della caduta con un bassorilievo in marmo. Canova ha realizzato la sua scultura oltre un secolo dopo (1777) per raccontare l’atto di Dedalo che lega un’ala al braccio di Icaro.
Tra le opere più intense il Lamento per Icaro di Herbert James Draper (1898) ci mostra il corpo del ragazzo recuperato dalle ninfe. Odilon Redon (1840-1916) dedicò a Icaro una tela che trae ispirazione da quell’istante di volo che Oscar Wilde ha trasformato in poesia: “Non rammaricarti mai/Per la tua caduta/ Perché la più grande tragedia di tutti/È non provare mai la luce che brucia”.