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Tra arte e cinema, la seconda vita dell’Ariston

 
luisa ruggio

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luisa ruggio

Tra arte e cinema, la seconda vita dell’Ariston

Oltre ad essere anche una galleria d’arte, è uno scrigno della settima arte: molti film sono stati girati proprio tra le sue preziose sale, dal primo Novecento ai giorni nostri

Lunedì 10 Febbraio 2025, 16:00

Tutti, o quasi, guardano – anche distrattamente – il Festival di Sanremo: feticismo italiano, ossessione che accomuna estimatori e detrattori, motore del purché se ne parli, un’arma di distrazione di massa, tellurica al punto che nessuno vede il luogo che ospita la storica kermesse della canzone tricolore, il Teatro Ariston. Si tende a ignorare, infatti, che per i restanti undici mesi del calendario il teatro sanremese è una galleria d’arte moderna e contemporanea: Arte Ariston Gallery. Si tratta di uno spazio gestito da Anita Lodola che ha ospitato opere di artisti quotati nelle aste del mercato internazionale. Qualche nome? Mr. Brainwash, Andy Warhol, Giovanna Fra, Keith Haring, Romero Britto, Andy Bluvertigo. L’Arte Ariston Gallery ha ospitato anche la Biennale ARTEXPO con la Fondazione Effetto Arte. Ormai storico è l’omaggio artistico rinnovato ogni anno da Marco Lodola - nome di spicco dell’arte contemporanea - che firma le sue celebri sculture luminose dedicate alla cultura pop con un tocco futurista, realizzate in perspex e neon in forme sintetizzate con richiami alle icone degli anni ’50 esposte all’ingresso del teatro.

Ma l’Ariston, oltre ad essere anche una galleria d’arte, è uno scrigno della settima arte: molti film sono stati girati proprio tra le sue preziose sale, dal primo Novecento ai giorni nostri, tant’è che gli eredi del teatro fondato da Aristide Vacchino, nato a Genova nel 1907 da una famiglia di impresari – imprenditore visionario innamorato della magia del cinema – ne hanno festeggiato il compleanno proiettando film storici come Ma l’amor mio non muore del 1913, La contessa scalza con Humphrey Bogart e Ava Gardner del 1954, Asso di Adriano Celentano. Insomma, l’Ariston era il cuore di Sanremo anche prima del Festival della Canzone Italiana, quando, in anni difficili, era diventato la vetrina di produzioni iraniane, russe, sudamericane.

Un teatro è anche un album dei ricordi, spaccato di carattere globale, quando le proiezioni avvenivano in lingua originale con traduzione diretta. Protagonisti all’epoca erano i proiettori: 35 e 16 mm fino ai digitali laser che vengono utilizzati oggi nelle sale. L’Ariston – che fu inaugurato il 31 maggio del 1963 restituendo a Sanremo un grande luogo di aggregazione culturale dopo il bombardamento del teatro Principe Amedeo nel 1944 - cristallizza tra le sue mura un viaggio d’arte. 

Non si contano, del resto, le decorazioni che ne ornano gli spazi – ben più preziose delle scenografie che hanno accompagnato i cantanti in questi decenni, quelle geometriche degli anni ’70 (una su tutte quella firmata nel ’77 da Roberto Anelli Monti detto Milos) o quelle Art Decò dei primi anni ’90 (quando Gaetano Castelli trasformò l’Ariston in un bistrò). Eccolo il vero tesoro dell’Ariston: le formelle di Emanuele Luzzati nel foyer, il soffitto affrescato dal pittore Carlo Cuneo in platea, l’Ariston Roof decorato nel 1994 dallo scultore astrattista Nerone Ceccarelli. Arte che non esce di scena a fine mese, intramontabile. Non ha l’età.

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