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Le traiettorie impercettibili del Maestro

Le traiettorie impercettibili del Maestro

 
michele de feudis

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michele de feudis

Le traiettorie impercettibili del Maestro

Al tempo della musica e degli spazi di show ridotti a corollario di vacuo presentismo, tra selfie e una caccia alle impression social, Battiato incarna un archetipo differente

Lunedì 10 Febbraio 2025, 15:51

Il pop italiano non è stato solo conformismo banale e prevedibile, secondo lo schema woke-arcobaleno. Sanremo è stato (anche) il festival nel quale lo spirito del tempo intercettava ricerche profonde nelle quali testo, parole, note e poesia erano sintesi di un percorso intenso. È il caso delle contaminazioni portate nella città ligure e nella musica italiana dal maestro Franco Battiato, scomparso nel 2021. 

Il gigante etneo vinse come autore la rassegna nel 1981, con Per Elisa, interpretata in maniera sublime dalla cantante forlivese Alice: il testo, scritto a quattro mani con Giusto Pio, e’ un ritratto del potere femminile, della donna maga, la Circe omerica. Partendo da un rimando a una breve composizione per pianoforte di Ludwig van Beethoven, diede forma alla forza del fascinum, più potente di ogni presunto patriarcato. Dietro ogni verso di Battiato c’era un'esplorazione culturale (e dotte letture di saggi Adelphi), e lo sguardo che dalla sua villa di Milo, con l'Etna sullo sfondo, si muoveva controcorrente, verso Oriente mentre il mondo si americanizzava. Battiato volgeva gli occhi alla Magna Grecia, all'Iran, all'India o ai saggi di  Johann Jakob Bachofen.

Al tempo della musica e degli spazi di show ridotti a corollario di vacuo presentismo, tra selfie e una caccia alle impression social, Battiato incarna un archetipo differente: nelle sue successive ospitate al Festival, riusciva a rendere popolari le contaminazioni che distinguevano la sua arte. Non a caso nel 1982 Gianfranco Manfredi su La Stampa colse la sua forza arcaica, forgiata su scritti di poeti persiani (su tutti Rumi) e suggestioni del maestro caucasico Georges Gurdjieff. 

“Profeta e pedagogo”, calcò lo stesso palcoscenico dove furono celebrati dai media mainstream i pensierini da Asilo Mariuccia di Chiara Ferragni: il poeta musicante di Prospettiva Nevski ha reso parte dell'immaginario nazionale “codici di segrete lingue” e la sensualità della canzone arabo andalusa. Tutto si può riscontrare dall’ascolto dell’esibizione del 2007, quando - introdotto da Pippo Baudo e Michelle Hunziker - incantò l’Ariston con le note de La cura. Richiamava le piccole percezioni della musica che si incrociavano con il canto mistico e la preghiera, quella meditata dai ragazzi con le rune di Heliodromos che, come per un segno del destino, furono, ha raccontato Pietrangelo Buttafuoco,  custodi di un suo memorabile concerto ad Enna. L’alternativa al D-Io della dittatura turbocapitalista, del Giano bifronte Amazon-Alibaba, passa anche da inattese “meccaniche divine”, quelle che innescò Battiato cantando E ti vengo a cercare davanti a Giovanni Paolo II. Contro “la frammentarietà dell’essere” rimane la strada in salita dell'andare oltre, anche con il canzoniere di Battiato, dove ogni verso è una traccia da scoprire. “E il giorno della fine, non ti servirà l’inglese”, tratta dalla canzone cult Il Re del Mondo, rimane un monito senza tempo, un invito a incamminarsi sui sentieri della tradizione, al tempo del iperconsumismo musicale, del finto ribellismo rap-trap.

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