Domenica 07 Settembre 2025 | 03:41

Niente schermo contro gli incubi

 
Anton Giulio Mancino

Reporter:

Anton Giulio Mancino

Niente schermo contro gli incubi

Di cosa abbiamo paura realmente che non sia stato già codificato dalla storia del cinema

Lunedì 02 Dicembre 2024, 10:43

Di cosa abbiamo paura realmente che non sia stato già codificato dalla storia del cinema. I serial killer che da decenni vanno per la maggiore sul grande e piccolo schermo riflettono, per colmo di paradossa, la mappa mentale di spettatori ormai consapevoli di regole che la realtà invece si incarica di confutare nel suo non-sense tutt’altro che logico o intellettuale. Alfred Hitchcock ad esempio, che con Il pensionante, Psyco e Frenzy ha affrontato figure storiche come Jack Lo Squartatore o come Norman Bates che storiche lo sono divenute su pellicola, sapeva bene come costruire quell’apparato o “complesso protettivo proiettivo”, come lo definisce Francesco Casetti nel fondamentale saggio Schermare le paure edito da (Bompiani): ovvero quella sorta di spazio fisico, come la sala cinematografica, nel quale lo spettatore sperimenta paure profonde standosene al sicuro in una zona protetta e involabile, coltivando tuttavia l’illusione di immergersi nella pericolosità del mondo. Non ci sono garanzie nella realtà contingente e incontrollabile, dove l’omicidio è sistematico specialmente in guerra ma atterrisce di più quando è circoscritto nella metropoli o nella provincia per mano di figure solitarie, normali o psicopatiche. Ma le regole del racconto, della messa in scena e in campo, quindi del montaggio offrono l’opportunità di considerare la suspence un gioco intellettuale, emotivo o estetico allo stesso tempo. Invece le fiction audiovisive, cinematografiche e soprattutto televisive alla deriva, confondendo la realtà con un intrattenimento, possibilmente dai contorni lombrosiani con assassini/e mostruosi/e, trattano la cronaca nera come intrattenimento popolare, lasciando gli spettatori da un lato nella convinzione che quella bruttura in quanto tale, esibita, non possa colpirli; dall’altro scoperti nel dover poi affrontare all’esterno, ammesso che si esca allo scoperto, casi imprevedibili, dove nessun detective, intuizioni abduttive o colpi di scena mediatici bastano a fornire vie di scampo. Lo aveva ben detto a chiare lettere Fritz Lang alla fine di M – Il mostro di Dusseldorf il personaggio comune di una madre che ammoniva di tener d’occhio i figli, alla fine della vicenda sul serial killer malato, ma meno della società malata e pre-nazista, il quale riusciva a confessare tutta la sua tragica umanità al cospetto di un tribunale composto da criminali organizzati. Oggi siamo circondati non meno che in passato da casi delittuosi, con la differenza che riempiono non più la cronaca nera, pronta a sostituire sulle prime pagine e su internet le sofferenze geofisiche planetarie e le catastrofi umanitarie, bensì gli schermi, piccoli e grandi, debilitati della capacità di “schermare” (da)gli incubi. L’orrore di fronte al reale è diventato appannaggio dell’irresponsabilità delle serie, la cui serialità è culturalmente e mentalmente più pericolosa di quella degli assassini, in fondo stupidi, poiché come insegnava un personaggio di un film televisivo di Dario Argento, Il tram, non si può essere intelligenti se si uccidono le persone.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)