LO SGUARDO DI ULISSE - Tesse “Icaro” i suoi fili. Stavolta, ordito e trama rivelano storie di “uomini contro”. Cosa accomuna Italo Calvino e Federico II, Gia- como Puccini e Gian Maria Volontè? Potremmo dire: l’arte. E potremmo dire: niente. Potremmo dire: una manciata di ricorrenze (830 anni fa nasceva l’imperatore svevo, un secolo fa moriva il compositore toscano, 30 anni fa ci lasciava il grande attore de “La classe operaia va in paradiso”). Un maxi-saldo biografico di fine stagione. I quattro hanno invece fili – robusti - che li legano: visibili e invisibili (aggettivo caro a Calvino).
Così il supplemento culturale della “Gazzetta” prova a incrociare i loro destini prendendoli dal verso di “uomini contro”, evidenziandone il carattere di cavalieri dell’intelletto: lancia in resta contro ogni conformismo. Abbiamo provato a trasformare “Icaro” proprio in un “castello dei destini incrociati” dove ospitare i quattro “viandanti” sui loro immaginari destrieri: lo scrittore della ragione, l’imperatore del sentimento, il compositore dei palpiti e l’attore di rabbia e d’amore.
Abbiamo cercato di metterli intorno a un ipotetico tavolo, sopra al quale, pellegrini dell’arte, consentir loro di svelare le carte, i “tarocchi” di vicende esistenziali così simili a romanzi combinatori. Fedeli al criterio lasciamo a voi lettori, giudici inappellabili, il gusto di costruire un percorso personale di lettura. Sarete voi a comporre e scomporre il puzzle di vite dalle forme infinite. Se pensate allo stupefatto amore per la cultura di Federico II troverete lo stesso sottile stupore del Barone rampante. L’ingenuità (cioè il sentimento di libertà) del Puer Apuliae e di Cosimo Piovasco di Rondò che sceglie di vivere e amare sugli alberi. E un giorno vola via in mongolfiera. A Federico sarebbe piaciuto. Nei panni del Barone, Gian Maria Volontè sarebbe stato perfetto... E Puccini? La messe di scritti sul centenario ne porta alla luce l’anticonformismo viscerale: l’odio verso l’establishment culturale “fin de siècle” e le sue speculazioni (a settembre ne parlò la direttrice d’orchestra Beatrice Vene- zi, in un momento assai fragoroso per il melieu culturale italiano).
Le speculazioni – quelle edilizie - le aveva in odio Calvino. Ma nel romanzo omonimo sono il pretesto per incalzare la classe intellettuale, il suo straniamento di fronte al “Boom” economico e il suo infettarsi con la mortale malattia dell’affarismo. Piaga tuttora corrosiva. A Calvino, a Federico II, a Puccini, a Volontè, Icaro dedica uno sguardo: lo “sguardo di Ulisse”. Titolo dell’ultimo film di Volontè, il principe degli “uomi- ni contro” che – fedele a se stesso come tutti gli “uomini contro” - sul set lasciò la vita, interpretando fino all’ultimo il ruolo di scomodo viaggiatore dell’intelletto.
















