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Canfora: «Prestigio italiano
a zero. Salvini e Di Maio?
Impareranno strada facendo»

 
Nicola PEPE

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Nicola PEPE

Canfora: «Prestigio italianoa zero. Salvini e Di Maio?Impareranno strada facendo»

Il prof. Luciano Canfora

Su Berlusconi e Pd: «La Lega gli ha sottratto pezzo dell’elettorato. I dem? Partito mai nato». E già circola il nome di Visco

Martedì 03 Aprile 2018, 20:48

MICHELE DE FEUDIS

Interpretare la convulsa fase post-elettorale con le categorie analitiche di uno storico. Luciano Canfora, professore emerito dell’Università di Bari, invita a decifrare gli equilibri nei Palazzi della politica oltre la propaganda, inquadrandoli nell’ambito della democrazia parlamentare da cui verrà il nuovo governo. E in caso di stallo, ci sono sempre i civil servant…

Professore, come appare l’Italia dopo le politiche del 4 marzo?
Il quadro generale era più confuso prima. Dal tempi del governo Monti in poi, abbiamo assistito a maggioranze fondate su smembramenti e riaccorpamenti di partiti. Osservando con spirito oggettivo, appare un minimo di pianificazione, prescindendo dal giudizio sui singoli partiti.

Tra flat tax e reddito di cittadinanza…
Le forze politiche vincitrici hanno un impianto di riferimento, fermo restando che non tutte hanno chiarito cosa vogliono fare.

Hanno perso i partiti tradizionali?
Si riferisce al Pci, alla Dc o al Psi? Con il 1994 c’è stato un primo serio smottamento. Arrivò il «miracolo». Dal nulla comparvero manifesti con scritto «Forza Italia». Si pensava al calcio e non a un partito che avrebbe vinto le elezioni a mani basse 24 anni fa. Insomma Berlusconi ha una età veneranda come il conte Cavour, fa il suo mestiere. Ha perso un pezzo di elettorato a favore della Lega, che ha fatto la parte più violenta, parlando alla pancia.

Il Pd?
È stato fondato 10 anni fa, nel 2008, assassinando i Ds e mangiandosi quello che avanzava della Margherita, è un soggetto molto giovane. Una dirigente, la signora Giovanna Melandri lo definiva partito a vocazione maggioritaria, ma con l’ultima percentuale conseguita possiamo parlare di una pedana di partenza per una vocazione da svilupparsi...

Dopo Renzi, una crisi di identità?
Il Pd come partito non è mai nato. Ha avuto una botta mortale da Napolitano: mandando via, sostanzialmente con una forzatura istituzionale, Berlusconi nel 2011 e imponendo un governo «di chi ci stava» con Monti, ha danneggiato soprattutto i dem. Bersani al tempo era contrario. Se si fosse andati a votare nel 2011, non avremmo visto il fenomeno dei 5 Stelle.

I grillini sono il primo partito italiano.
Siamo abituati a vedere formazioni che crescono come funghi, che si sviluppano enormemente, senza far capire dove vogliono andare.

Sulla scena adesso ci sono Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i vincitori.
Non sono due statisti. La politica si impara facendola. Del resto Danton era un avvocato squinternato, Masaniello non certo un gentleman. Abbiamo avuto Ugo La Malfa o Alcide De Gasperi, ma anche tanti mediocri: da Achille Occhetto a Berlusconi e Umberto Bossi. Lamberto Dini, in quanto proveniente da Bankitalia, sembrava fosse Quintino Sella.

Ora tocca ai sovranisti?
Chi ha perso le elezioni li incasella come volgari anti-europei, ma si dimentica che Renzi, quando era al governo e voleva battere i pugni contro Bruxelles, arrivò a togliere la bandiera europea dal pennone accanto al tricolore.

Tornando a grillini e leghisti…
Siamo costretti a sospendere il giudizio finché non si formerà una compagine di governo.

Una «compagine»?
Per la nostra carta potrebbe andare bene anche un governo senza coalizione: vediamo con che programmi si procederà e se si terrà fede alle promesse. Il presidente Mattarella è per una sicura maggioranza parlamentare, ma non è l’unica strada possibile. Sono nati in passato governi di minoranza, retti sull’astensione di altre forze, come nel caso del Pci nel 1976 e di qualche governo Leone in precedenza.

Michele Emiliano auspica che il Pd favorisca il governo M5S.
È un suo diritto proporre uno scenario perché dentro il Pd, ha un certo seguito, misurato nelle primarie.

Intanto c’è in prorogatio il governo Gentiloni.
Considero imbarazzante che un governo dimezzato espella i diplomatici russi perché l’ambasciatore americano urla di unirsi a questa buffa operazione. Insomma pare che quando Gentiloni era nella sinistra extraparlamentare, cantasse molto sottovoce lo slogan «Pagherete caro, pagherete tutto». Eppure davanti al caso di Bardonecchia, non si fa nulla. Il prestigio italiano nello scacchiere internazionale è sotto zero e questo dovrebbe allarmare Mattarella. Rimpiangeremo lo stile di Craxi a Sigonella.

La politica al tempo delle schedature digitali. Dove siamo diretti?
Chi pensa che la volontà popolare si esprime allo stato puro è un illuso. Antonio Gramsci parlava di stampa gialla, fintamente indipendente. Umberto Eco considerava il vero Tg la pubblicità, perché prospetta modelli esistenziali che forgiano bisogni e mentalità. Con le tecnologie scopriamo altre forme di condizionamenti.

Una lezione del mondo classico per decifrare il nostro tempo?
Quando scomparve Pericle si iniziò a dire che chi veniva dopo non aveva la stessa qualità. Tra i successori Cleone fu definito un mercante, ma vinse la battaglia di Sfacteria. Viviamo una transizione, tutta la storia è transizione.

Il pallino è in mano al Quirinale?
Il presidente Mattarella è un grande democristiano, ma gli mancano altri Dc.

In casi estremi potrebbe toccare il compito di formare il governo a una «riserva della Repubblica»?
In passato Bankitalia è stata un vivaio di servitori dello Stato al livello più alto: da Luigi Einaudi a Carlo Azeglio Ciampi. Non posso dire di conoscere il governatore Ignazio Visco, ma in alcuni ambienti che contano circola insistentemente il suo nome.

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