BARI - «Forza Italia ha preso 200mila voti in meno del 2013. Il nostro risultato elettorale poteva essere migliore. Il partito ha dato troppo spazio alla Lega e a Fitto, ed è risultato disorganizzato, lasciando tutto alla buona volontà di alcuni candidati nei territori. Di contro abbiamo eletto Miss Molise e una ex grillina...». Nino Marmo, capogruppo azzurro alla Regione, attacca i vertici del partito per il raccolto elettorale ritenuto insoddisfacente.
«Le responsabilità politiche? Sono del coordinatore regionale Gino Vitali, di Licia Ronzulli e di Raffaele Fitto», è l’analisi impietosa dell’esperto consigliere regionale che contesta la lettura post-elezioni di Vitali («Abbiamo raggiunto l’obiettivo prefissato del 20%»). «Si è confidato nelle capacità del presidente Silvio Berlusconi nel recuperare terreno e voti, ma è mancato il quid che doveva arrivare dai territori - argomenta - demotivati e umiliati da candidature sbagliate. Vitali ha gestito in solitudine la compilazione delle liste nelle stanze chiuse di Roma o di Milano, in più cedendo eccessivamente a Fitto e facendoci perdere».
«Il raffronto con le Regionali non è calzante - risponde Marmo a chi obietta alla sua lettura agitando i numeri del 2015 -: in quella stagione abbiamo difeso un territorio in presenza di una scissione, evitando che Forza Italia sparisse dalla scena. Ora si è passati dal risultato delle Regionali, l’11,37%, al 19 anche grazie alla forza persuasiva del Cavaliere, che si è “sentita” negli ultimi quindici giorni di campagna elettorale. Se avessimo avuto più elementi per contrastare l’effetto Cinque Stelle, probabilmente qualche puntino blu nei collegi pugliesi ci sarebbe stato. In alcuni collegi sarebbe bastato poco per giocarsi la partita fino in fondo». E qui inizia un lungo elenco di autogol che hanno frenato il partito azzurro: «Eclatante è la compilazione della lista plurinominale per Foggia e Andria: la capolista era una molisana, il resto dauni. Nessuno del territorio di Andria. In altri collegi proporzionali addirittura c’era Domenico Scilipoti. Un valore del partito come il consigliere regionale Giandiego Gatta è stato mandato allo sbaraglio nel collegio uninominale di Manfredonia, senza paracadute, contro i grillini e un pezzo da novanta Dem come Michele Bordo. Sono stati ceduti infruttuosamente a Fitto i collegi di Bisceglie-Corato per la Camera e il senatoriale di Molfetta. Sergio Silvestris non si è nemmeno potuto votare ed è stato lanciato in Capitanata. Un grosso calibro come Rocco Palese non è stato tutelato nel listino. Abbiamo perso il collegio di Tatarella, quello di Bari centro. La lista degli errori è sterminata». Poi la richiesta di svelare un arcano: «Con che criterio sono state fatte queste liste? Se avessimo rispettato veramente le volontà di Berlusconi, le cose sarebbero andate diversamente. Nel 2013, quando salvammo Forza Italia, il Cavaliere affermò che i consiglieri regionali sarebbero stati trainanti. Purtroppo non è andata così. Peccato: avremmo superato largamente il 20%».
Le conclusioni di Marmo a questo punto sono obbligate: «Credo che vada cambiata tutta l’organizzazione di un partito mai organizzato. Il coordinatore Vitali? Non si è degnato di chiamare né prima della presentazione delle liste né dopo. Va girata pagina in fretta per essere protagonisti dell’attuale scenario politico che registra un nuovo bipolarismo, con un Pd che si va liquefacendo all’interno de M5S: la sfida sarà tra un nuova sinistra pentastellata e nuova destra che non può essere guidata da Salvini. Bisogna abbandonare lo schema di un centrismo superato dai tempi, è necessario lavorare per dare vita ad una destra del ragionamento, della cultura, in grado di dare risposte ai grandi quesiti della modernità, con strumenti innovativi».
Michele De Feudis