(di Paola Laforgia)
BARI - L’onda del Movimento 5 stelle che in Puglia ha fatto cappotto conquistando quasi il 45% delle preferenze e tutti i 24 collegi uninominali, travolge i partiti e le coalizioni tradizionali ma pesa politicamente soprattutto sul centrosinistra e sul Pd al cui interno si fa largo la resa dei conti sulla strategia del leader di Fronte Democratico, il governatore Michele Emiliano per il continuo scontro frontale ingaggiato con Renzi. Scontro che, rimasto silente nelle ultime settimane della campagna elettorale riparte oggi con il presidente pugliese che attribuisce tutta la responsabilità della sconfitta al segretario dimissionario che, dice, «in pochi anni ha portato il centrosinistra al peggior risultato di sempre» e accusa Renzi di «fingere di dimettersi».
«Punta alla sua autoconservazione - dice - sta pensando a come rientrare in partita, non a come far rientrare il Paese in partita. Per questo finge di dimettersi».
In Puglia, è il segretario regionale del partito, Marco Lacarra (sconfitto nel collegio di Bari alla Camera) a dire che "gli scontri non pagano mai in termini di consenso, perché si creano le fazioni che sono sempre un fatto negativo all’interno di un partito». Mentre sull'altro fronte, il segretario di Forza Italia, Luigi Vitali, parte all’attacco sostenendo che «Emiliano è stato bocciato dai pugliesi e per questo deve dimettersi anche lui».
Sul terreno ci sono i dati (sostanzialmente omogenei per Camera e Senato) e le percentuali: il centrosinistra ha ottenuto il 16,1% delle preferenze, la metà del centrodestra (32,1%), perdendo 10 punti rispetto alle politiche del 2013 quando aveva ottenuto il 26,4%. In quella tornata elettorale il Pd (che nel frattempo ha perso l’alleato Sel) aveva ottenuto il 18,4%, ma ieri si è fermato al 13,7%. E guardando più nel dettaglio, non è andata meglio nei collegi del Tarantino e del Salento che sono stati il fronte più caldo delle battaglie ambientaliste e antigovernative di Emiliano, rispettivamente sull'Ilva e contro l'approdo del Gasdotto Tap.
Restando a sinistra, è stato deludente anche il risultato di Liberi e Uguali, che ha registrato la cocente sconfitta di Massimo D’Alema arrivato ultimo al Senato nel suo storico collegio salentino di Nardò. D’Alema, che ha preso il 3,9%, si scontrava direttamente con la viceministro uscente Teresa Bellanova (Pd) che ha ottenuto il 17,3% dei voti: entrambi molto distanti dalla candidata eletta del M5S, Barbara Lezzi (quasi 40%) e dal candidato del centrodestra, Luciano Cariddi (35%).
Meno dura è stata la sconfitta del centrodestra: la coalizione ha sostanzialmente tenuto rispetto al 2013 mantenendosi attorno al 32%, grazie anche all’exploit della Lega che era praticamente inesistente nella scorsa tornata, ma ieri ha superato il 6%. Forza Italia ha preso il 18.7% dei voti, Fratelli d’Italia il 3,7. Pessime notizie per la 'quarta gambà del centrodestra, Noi con l’Italia e per il suo leader, Raffaele Fitto, che in Puglia ha ottenuto quasi il 3.5% dei voti ma a livello nazionale resta sotto la soglia necessaria ad accedere alla suddivisione dei seggi nel proporzionale.
STEFANO: NO A RESA DEI CONTI INTERNA. BENE DIMISSIONI RENZI - «Di fronte allo tsunami antisistema che ha caratterizzato l’appuntamento elettorale l’errore peggiore che si possa commettere è quello di aprire una resa dei conti interna al Pd per un risultato certamente deludente ma che non può essere attribuito alla sola responsabilità di una persona. D’altro canto abbiamo registrato risultati di segno ancor più negativo in alcuni territori nei quali siamo impegnati nel governo di città capoluogo e regione». Così il candidato del Pd in Puglia e presidente della Giunta per le immunità del Senato Dario Stèfano commenta il risultato elettorale e la decisione di Renzi di dimettersi.
«L'operazione alla quale non possiamo sottrarci - aggiunge - è quella di un’analisi del risultato senza superficialità evitando di commettere lo stesso errore fatto nel 2013. Un partito quando perde è giusto che sia all’opposizione. Ci sono due forze politiche che dicono di aver vinto ed è giusto che si cimentino alla prova del governo. L’annuncio di dimissioni da parte di Renzi è stato comunque un gesto di responsabilità».
«Noi ci siamo candidati utilizzando un approccio politico e mettendo in campo una proposta programmatica alternativa a Lega e M5S e abbiamo perso. E’ segno di coerenza e di rispetto soprattutto nei confronti di chi ci ha votato stare all’opposizione», conclude Stèfano.
D'ALEMA ULTIMO NEL SUO COLLEGIO DI NARDO' - Brucia più di tutte la sconfitta di Massimo D’Alema. Brucia soprattutto perché non supererebbero i 500 voti quelli «personali» raccolti dal leader Maximo nella sua roccaforte, il collegio di Gallipoli-Nardò, rispetto a quelli quantificati dal suo neonato partito, i LIberi e Uguali. Che proprio qui, nel tacco dello Stivale, contavano di fare incetta grazie al peso e al carisma del padre fomdatore e che invece si sono ritrovati buoni ultimi nel raccogliere consensi (appena 10mila voti, pari al 3,9%).
In tanti già parlano di un vero e proprio capolinea per D’Alema, che aveva scelto di tornare nell’agone politico dopo che il «suo» Pd, quello nato dalla fusione della Margherita e dei Ds e poi cresciuto sotto l’egida di leader, da Veltroni a Bersani, tutti ricondicibili alla storia dell’amato Pci, era finito nella mani del «rottamatore» Renzi. Gli incontri nel territorio, le strette di mano, il ritorno alle campagne elettorali dìun tempo, quelle svolte porta a porta a contatto con la gente, non gli sono valsi il ritorno ai fasti dìun tempo, quelli del «patto della crostata» e dei successi contro il pur temibile centrodestra salentino.
Nel collegio vince, come quasi ovunque in Puglia, il candidato del M5s, Barbara Lezzi (39.84%), pure contestata per l’affare dei rimborsi mancati al Movimento, mentre secondo è il candidato del centrodestra, Luciano Cariddi (35,17%), e terza la candidata del centrosinistra, Teresa Bellanova, viceministro uscente del Pd che ha ottenuto il 17.4%. Sinanche la preferita di Renzi, contro la quale si misurava principalmente la sfida del leader Maximo, lo ha lasciato molto indietro. A leccarsi le ferite, forse non rimarginabili, di un partito morto a pochi mesi di vita.
DAL GOVERNO ALLA BOCCIATURA NELLE URNE PER BELLANOVA E CASSANO - Una era l’alfiere del renzismo in Salento. L’altro in Terra di Bari partiva come mister preferenze, forte dei successi alle Regionali. Entrambi hanno fatto parte del governo Renzi. Ed entrambi resteranno a casa. Teresa Bellanova, viceministro del Pd, è stata battuta nettamente dalla grillina Barbara Lezzi, nello stesso collegio di Nardo che ha visto il tracollo di Massimo D’Alema. L’altro, Massimo Cassano, sottosegretario al Welfare fino al rientro in Forza Italia, ha perso nel collegio di Bitonto, anche qui per mano di una esponente grillina (Francesca Anna Ruggiero) che lo ha battuto con il 50% contro il 29%.
Logico che Bellanova, a questo punto, recrimini lanciando strali nei confronti di Michele Emiliano. «Molti di noi in Puglia, parlo anche a titolo personale, hanno avuto di fronte non solo i naturali avversari politici ma anche - a volte soprattutto - esponenti del proprio partito. Il che non solo non ha aiutato per niente il nostro lavoro danneggiandolo ma ha disorientato pesantemente il nostro elettorato». Le parole del governatore pugliese, fiero avversario di Renzi sul territorio, potrebbero insomma aver favorito i grillini: «Il Pd - secondo la Bellanova, che proviene dal mondo sindacale - non è un partito a scala regionale né si può essere un Pd a Roma e un altro a Santa Maria di Leuca o a Bari e, io per prima, nei panni di un normale cittadino mi sarei chiesta in quale confusione mentale si trovasse una classe dirigente per arrivare a tanto. A maggior ragione se quella stessa classe dirigente, a pochi giorni dal voto, invece di sostenere il Pd auspicava che a rappresentare il Salento e la Puglia in Senato fosse il candidato di Leu».
LA SCONFITTA DI FITTO - «È stato un risultato elettorale al di sotto delle aspettative, siamo comunque soddisfatti di aver contribuito ad essere nella coalizione che ha avuto miglior successo. Il risultato fa parte del contesto più generale con un consenso che ha determinato una vittoria per il Movimento Cinque Stelle». Raffaele Fitto, europarlamentare pugliese, deve prendere atto del fallimento della sua lista «Noi con l’Italia», lontanissima dal traguardo del 3% (salvo che in alcuni collegi in Puglia) e dunque fuori dal Parlamento. Ma Fitto prova a vedere il bicchiere mezzo pieno. «Il centrodestra - dice - viene fuori come coalizione più forte. Poi partendo dagli amici eletti negli uninominali, (che sono 8: 4 alla Camera e 4 al Senato) vogliamo ripartire col percorso fatto, per poter proseguire sulla linea indicata e dare il nostro contributo». Tra gli eletti nelle sfide dei collegi, oltre a Maurizio Lupi il Lombardi e Enrico Costa in Piemonte, c’è Gaetano Quagliariello che ha vinto a L’Aquila. Fitto era invece candidato solo nel listino proporzionale.