di MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI - Il rinnovo trentennale delle concessioni demaniali non è possibile, perché esporrebbe lo Stato a una (nuova) bocciatura da parte della Ue. È una situazione che non piace agli operatori pugliesi, riuniti ieri a Bari, sempre più spaccati al loro interno tra sigle e siglette, capaci di contestare e far scappare dalla sala una persona pacata come Sergio Pizzolante (Ncd), relatore in commissione Finanza della Camera del disegno di legge delega per il riordino delle concessioni.
È uno degli effetti dell’applicazione della direttiva Bolkestein, quello di cui gli operatori - in tutta Italia - non vogliono sentire parlare. In Puglia il problema è particolarmente sentito, non solo dai balneari ma anche dagli ambulanti. Il provvedimento licenziato da Palazzo Chigi - ha ricordato Pizzolante - prevede un periodo transitorio (fino al 2020), ma poi dovranno essere effettuate le gare «in condizioni di massima trasparenza e correttezza». «Così perderemo le nostre aziende e i nostri investimenti», dicevano ieri i balneari pugliesi, destinati a morire di burocrazia (in questo ha molta colpa la Regione) e adesso atterriti da un «muro» che sembra insuperabile. «Abbiamo fatto investimenti che non ci saranno riconosciuti - dicono - e le gare verranno vinte da chi, come la criminalità organizzata, ha a disposizione ingenti capitali da riciclare».
Tra i più arrabbiati il vicepresidente del Sib, il pugliese Tonino Capacchione, che ha ricordato come in anni passati le contrapposizioni interne hanno portato a vanificare ogni tentativo di riordinare il settore. Il ministro degli Affari regionali, Enrico Costa, ha provato a mediare. «Non dimenticheremo i sacrifici di chi lavora nel settore - ha detto ieri -, il disegno di legge delega è assolutamente equilibrato, è previsto un meccanismo che tiene conto dell’esperienza e degli investimenti fatti da chi già c’è. Ma il periodo transitorio non potrà durare trent’anni, fino ad oggi si è sempre andati avanti a colpi di proroghe senza affrontare la situazione».
Per la Regione sono intervenuti l’assessore allo Sviluppo, Loredana Capone, e Raffaele Piemontese (Demanio). La Capone ha ricordato che «le spiagge in Puglia devono rimanere aperte tutto l’anno», come aveva detto nel 2015 Emiliano: in un anno, però, non è cambiato niente. «Il governo - ha chiesto - si faccia portavoce delle istanze del territorio verso il ministero dei Beni culturali, che tramite le Soprintendenze impone ogni anno lo smontaggio delle strutture facilmente amovibili». «Siamo favorevoli a un riordino del settore - ha detto Piemontese -, perché le spiagge sono strategiche per lo sviluppo del turismo pugliese, è nostro interesse che siano sempre più belle». Ma in questi anni (si veda l’articolo a sinistra) la Regione ha fatto poco, lasciando morire i Piani delle coste e bloccando la programmazione, con il risultato di lasciare i Comuni nel caos.
«La sburocratizzazione del settore deve essere una priorità», ha detto non a caso il sottosegretario al Lavoro, il barese Massimo Cassano: «Non si capisce perché ciò che si fa in Emilia Romagna sia impossibile in Puglia. La riforma del Demanio deve tenere conto delle aspettative delle piccole e medie imprese, ma bisogna rendere le strutture attrattive anche - nel caso - utilizzando i fondi europei».