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Perseguitano la figlia
condannati per stalking

 
Rita Schena

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Rita Schena

stalking

Martedì 27 Dicembre 2016, 10:30

FASANO - La figlia si separa dal marito e i genitori le rendono la vita un inferno sulla terra. La madre arriva addirittura a tentare di investirla con l’auto: per lei è meglio che la figlia muoia piuttosto che intrecci una relazione con un uomo che non è il marito. La giovane trova il coraggio di denunciare i genitori e il giudice impone loro di non avvicinarsi alla ragazza e di non comunicare in nessun modo con la figlia. Il provvedimento restrittivo - un’ordinanza applicativa della misura coercitiva personale del divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa - è stato notificato ai due genitori (entrambi fasanesi) nei giorni scorsi.

Il padre e la madre della giovane donna sono indagati «perché, in concorso tra loro, reiteratamente, minacciavano e molestavano la figlia a seguito della sua separazione legale dal marito, continuamente offendendola con parole del tipo “Puttana, hai rovinato la famiglia”, pedinandola, appostandosi sotto la sua abitazione, controllandone gli spostamenti e le frequentazioni. Così da cagionarle un perdurante e grave stato d’ansia e di paura, da ingenerarle un fondato timore per la propria incolumità e da costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita, evitando di uscire di casa e di ricevere il proprio compagno, amici o conoscenti».
Per il giudice delle indagini preliminari Stefania De Angelis, che ha firmato l’ordinanza richiesta dal sostituto procuratore della Repubblica Manuela Pellerino, la condotta dei genitori integra gli estremi del reato di stalking (articolo 612 del Codice penale). Di qui il divieto a padre e madre di avvicinarsi e parlare con lei.
Non hanno mai accettato che la figlia si separasse dal marito. La madre, in particolare, saputo della separazione, ha tentato «di dissuaderla con comportamenti minacciosi ed offensivi». Coltello in pugno le ha detto: «Ora te ne devi andare via da casa mia». Comportamenti che avrebbero indotto la ragazza a tentare il suicidio. Il fatto è del dicembre 2015: la giovane donna si gettò in acqua, a Capitolo (Monopoli). In quel frangente solo il provvidenziale intervento di un carabiniere scongiurò la tragedia.

Nonostante ciò, ad ogni occasione la madre ha continuato a dire, dinanzi ad amici e conoscenti, che la figlia è «una puttana, una zoccola», «che ha rovinato la famiglia lasciando il marito per un altro uomo».
Quando, dopo le denunce della ragazza e il suo tentativo di suicidio, i militi hanno convocato in caserma i genitori per invitarli a comportamenti più più «civili» verso la figlia, l’uomo e la donna hanno risposto al maresciallo che «per loro la figlia era morta, che li aveva rovinati, che doveva andare a fare la vita da un’altra parte e che avrebbero continuato a tenere lo stesso comportamento». Non solo. Padre e madre, incuranti di trovarsi di fronte ad un ufficiale di polizia giudiziaria, sono arrivati a minacciare «di commettere gesti violenti ai danni della figlia, pronunciando frasi tipo: “La voglio vedere morta”». (m. mong.)

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