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Moro, Pellegrino e Grassi
a studenti: sappiamo l'80%

 
Franco Giuliano

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Franco Giuliano

Moro, Pellegrino e Grassi a studenti: sappiamo l'80%

Lunedì 10 Ottobre 2016, 16:51

BARI - Sul rapimento e l’uccisione di Aldo Moro ci sono ancora molte domande senza risposta ma «abbiamo scoperto l’80 per cento della verità». Gero Grassi, componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro, ha incontrato questa mattina gli studenti di alcuni istituti superiori della provincia di Bari nel convegno organizzato nell’aula del Consiglio regionale della Puglia in occasione del centenario della nascita dello statista.

«Vogliamo far uscire Aldo Moro dalla Renault rossa in cui è stato rinchiuso. Oggi sono rimasti dentro solo i piedi, mentre il resto del corpo è finalmente uscito, compresa la verità». Gero Grassi non usa mezzi termini quando dice che «il quadro di quella vicenda è completamente diverso da come lo hanno raccontato i brigatisti». Il punto di partenza della nuova commissione parlamentare su Moro è la relazione conclusiva della precedente commissione stragi che si è occupata della vicenda, presieduta dal senatore Giovanni Pellegrino, anche lui oggi presente all’incontro con gli studenti baresi.

Poche certezze: il 16 marzo 1978 il rapimento in via Fani, mentre Moro andava a firmare il cosiddetto 'compromesso storicò fra Dc e Pci, in cui furono uccisi gli agenti della sua scorta, poi 55 giorni di prigionia e il 9 maggio il corpo senza vita dello statista ritrovato in via Caetani, proprio a metà strada fra le sedi dei due partiti. A rapirlo e ammazzarlo «non furono solo le Brigate Rosse» dicono Pallegrino e poi anche Grasso. La sua morte sarebbe stato il risultato di un patto omertoso fra brigatisti e pezzi dello Stato, con la complicità dei Servizi segreti italiani, americani e sovietici, e della mafia. La sua sorte, secondo Pellegrino, «è stata segnata da un calcolo costi-benefici tra Moro libero e Moro ucciso, condotto da una parte e dall’altra della barricata».

Grassi, raccontando agli studenti il lavoro della commissione, soprattutto all’indomani della desecretazione degli atti, ha spiegato dettagli di quegli anni di piombo in parte scritti nelle oltre quattro milioni di pagine che compongono gli otto processi fatti dalla magistratura su Moro e le altrettante commissioni parlamentari «che fino ad oggi si sono fermate al 20 per cento della verità», ma che avevano già evidenziato che "qualcosa non tornava nella ricostruzione giudiziaria», dal luogo della prigionia alle modalità dell’esecuzione. Quando Moro fu rapito e la sua scorta uccisa con 96 colpi esplosi in 56 secondi, perché nessuno degli agenti reagì? "Perché avevano riconosciuto chi sparò» dice Grassi. È questa l'ipotesi a cui l’attuale commissione d’inchiesta sta lavorando, perché «abbiamo l’ambizione di restituire a quel cadavere dignità. Finché non avremo verità sul caso Moro ognuno di noi sarà in pericolo».

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