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Ilva, Emiliano: «Priorità
a salute, diavolo è il carbone

 
Nicola PEPE

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Nicola PEPE

ILVA

Già consulente di Bondi e Gnudi: «Minerale di ferro in pellets riduce polveri, CO2 e benzopirene»

Lunedì 10 Ottobre 2016, 09:46

11 Ottobre 2016, 11:43

TARANTO - Niente più parchi minerali, altoforni, cokerie, agglomerazione e convertitori, fenomeni di slopping, polveri e fumi che sono ancora fonte di malattie e morte. Il progetto, illustrato oggi a Taranto nel corso di un convegno organizzato dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli Ingegneri, che la Regione Puglia propone al governo insieme alla richiesta di revisione dell’Aia per lo stabilimento Ilva, è la decarbonizzazione dell’impianto tarantino grazie all’utilizzo del preridotto, un minerale semilavorato, che consentirebbe di mantenere elevati volumi di produzione di acciaio da minerale, di qualità migliore rispetto a quello ottenuto fondendo rottami.

«Non dovremmo più pronunciare - ha puntualizzato nel suo intervento il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano - la parola ambientalizzazione, che non ha né capo né coda. Noi dobbiamo semplicemente dire che la salute umana è più importante della produzione»."Bisogna fare in modo che la garanzia della salute delle persone prevalga su ogni altro ragionamento, fermo restando - ha continuato - che se qualcuno dimostra che è in grado di produrre acciaio senza far male alla salute delle persone, noi non abbiamo nulla contro la produzione dell’acciaio e contro l’Ilva».

I dettagli tecnici sono stati illustrati dall’ingegner Barbara Valenzano, direttore del Dipartimento mobilità, qualità urbana, opere pubbliche, ecologia e paesaggio della Regione Puglia e custode giudiziario degli impianti dell’Ilva finiti sotto sequestro. La nuova tecnologia, che avrebbe un costo di 1,2 miliardi di euro per l’attuale capacità produttiva di 5 milioni di tonnellate annue del Siderurgico tarantino, prevede - secondo la proposta della Regione Puglia - un nuovo impianto di produzione di due linee da 2,5 milioni di tonnellate all’anno ciascuna e la realizzazione di forni elettrici da alimentare con circa 7 milioni di tonnellate di Dri (preridotto) l’anno, 1,4 miliardi di metri cubi di gas naturale e 2500 gigawatt ora di energia elettrica (che corrisponde a meno di un terzo della produzione di energia da fonti rinnovabili prodotta in Puglia nel 2014).

Al posto del carbone fossile si utilizzerebbe il gas naturale come materia prima del processo dal quale si ricavano monossido di carbonio e idrogeno, ottenendo così un nuovo materiale, che prende il nome di preridotto. I tempi di realizzazione sono stimati in circa 18 mesi. Tutto questo, ha puntualizzato Valenzano, «andrà a confluire in uno studio di fattibilità ove il governo dovesse sposare l’idea del presidente della Regione Puglia di studiare alternative e quindi prevedendo la fase intermedia e transitoria della convivenza delle due tecnologie fino a giungere a quello che è il nostro progetto finale». La dirigente della Regione Puglia ha precisato che "ovviamente non abbiamo ancora il gas di Tap (il cui approdo è previsto sulle coste della Puglia, ndr) e si dovrà quindi ragionare inizialmente sulla fornitura di gas rispetto ai piani gestionali. In alternativa possiamo sempre pensare all’autoproduzione e al recupero».

Emiliano ha ribadito la sua posizione, sostenendo che «il diavolo che uccide le persone é il carbone, non é l’acciaio». "Mi auguro - ha continuato - che il governo prima o poi incontri la Regione Puglia: è proprio il minimo che possa accadere. Io in questo momento ho bisogno di fare una riunione tecnica con il governo sulla proposta per rendere meno pericolosa l’Ilva e per azzerarne il danno alla salute. È possibile - ha insistito - avere questo incontro?».

Nel corso del convegno sul tema «Ripensare l’industria siderurgica italiana. L’Ilva, attualità e prospettive» sono intervenuti, tra gli altri, il sindaco di Taranto Ippazio Stefàno, il responsabile del Servizio Indirizzo, controllo e coordinamento della attività ispettive dell’Ispra Alfredo Pini, il direttore di Oncologia medica dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce Giammarco Surico, l’ambientalista Fabio Matacchiera, il funzionario delle Politiche globali dell’Onu Eduardo Missoni. Per il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Ingegneri, Armando Zambrano, che ha tirato le fila del dibattito, non esiste «una soluzione univoca, in grado di mantenere gli impianti dell’Ilva così come sono, risolvendo nello stesso tempo i gravi problemi di ordine ambientale e di salute che si sono generati nei decenni.

Se si intende fare fronte - ha detto - ad una grave crisi di tipo ambientale, occorre pensare a nuove soluzioni di tipo tecnologico». In un arco «di medio periodo - ha concluso Zambrano - la questione della decarbonizzazione sarà ineludibile, ed è bene che lo sia. Bisogna sgombrare il campo da possibili ambiguità e dire a gran voce che l’analisi comparativa deve essere eminentemente tecnica, fondata su dati reali, su prove certe e conoscenze delle tecnologie disponibili, su progetti e simulazioni di fattibilità comprensibili perchè Taranto non può più attendere». 

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