di LIA MINTRONE
BARI - Non sei un barese doc, rampante, arrivato ma anche arricchito se non hai la villa a Rosa Marina. Le vacanze estive, per la Bari da bere, che conta o che vorrebbe contare, sono lì, in quel villaggio ai piedi di Ostuni nel quale, nonostante l’appartenenza territoriale, non c’è quasi presenza di brindisini.
Questi ultimi, protetti come i Maori della Nuova Zelanda, si aggirano quasi intimoriti nel villaggio occupato e usucapito dai baresi.
Rosa Marina, frazione di Bari. Se non sei qui, non sei nessuno. Percorrere via Sparano o viale Max Schachter, la promenade che costeggia il mare intitolata all’imprenditore austriaco che negli anni Sessanta pensò di investire su questa terra un tempo desolata e paludosa, è la stessa cosa. Qui ci si conosce tutti, anche se spesso non ci si saluta per altezzosità. Tutti i volti sono un déjà vu, così come le storie che raccontano.
Le donne qui sono un must. Tutte abbronzatissime, tutte bionde (le brune non esistono, ndr), tutte ingioiellate e griffate. Un vero e proprio prototipo caratterizzato da un forte birignao (pronuncia nasale e finali prolungate) al punto che dall’anno scorso due ragazze baresi si sono inventate dei video clip dal titolo «Le signore di Rosa Marina» che hanno furoreggiato sul web. Le protagoniste sono Enza e Marisa, due signore della «Baribene» in trasferta nel villaggio più cool della Puglia. Ovviamente passano intere giornate a giocare a burraco, il gioco di carte che se non lo conosci vieni espulso dal villaggio per oltraggio al buon nome della località.
Ed ecco che Enza e Marisa, tra una pinella e un’andata al pozzo a volo, tra l’eresia di rimanere a una carta senza aver fatto la canasta e una chiusura «in faccia» alle avversarie, si raccontano e parlano dei «fatti» della gente che conta, dell’importanza delle relazioni che tornano utili, dei pettegolezzi che pullulano nel villaggio trendy da dove sono scappati persino gli svedesi, i primi colonizzatori, e dove si parla solo il barese.
Geniali ragazzacce. Perché in fondo è questo l’hobby più amato su quella baia di sabbia incorniciata dalla macchia mediterranea: spettegolare, parlare dei vicini di ombrellone appena vanno via, osservare la tenuta dei glutei della vicina di villa per vedere se nel giro dell’ultimo anno ha messo su troppa cellulite, osservare la nuova compagna del primario, sempre troppo più giovane di lui, scoprire i ritocchi qua e là delle evergreen, quanto ialuronico si sono fatte pippare dalla dermatologa di grido.
E così le settimane scorrono, insieme con i mesi, e il chiacchiericcio gossipparo si mescola al frinire della cicale. E su quel lembo di sabbia, ogni anno sempre più eroso dalle mareggiate, incontri di tutto: politici, magistrati, imprenditori, professionisti, manager, avvocati a valanghe, giornalisti, medici, commercianti. Sui viali sfrecciano Ferrari fiammanti, Porsche e giganteschi Suv mentre sui polsi luccicano i Rolex, la quintessenza degli status symbol.
Gli sfigati, qui, non esistono e comunque non avrebbe senso frequentarli. Cui prodest? Ed è tutto un vasa vasa, sui lidi del Capanno e della Rodos, sulle passerelle che portano alle docce e sulla battigia anche se, per esporti su quest’ultima, devi aver digiunato per tutto l’anno, altrimenti che cosa devono dire quelli che ti guardano da dietro sistemati mattina mattina nei loro birdwatching?
Le prime file a Rosa Marina vanno a ruba, se no come la passi la giornata? A parlare di che cosa? Perché, in fondo, qui le giornate si passano così. Le donne dicono i fatti, gli uomini fanno pubbliche relazioni perché non si sa mai spunta un incarico o un appalto. E la sera, dopo questa «faticosa» giornata trascorsa tra un fatto e un altro, tutti a mangiare fuori. La parola d’ordine è cucine chiuse, se va bene i fornelli si riaccendono a Bari, a settembre. E nessuno osi mischiare la «vera» Rosa Marina con Cala di Rosa Marina o la zona interna dell’Uliveto. Per quelli della zona F, la più chic del villaggio, quelli di Cala sono pressoché dei deportati stipati come polli a batteria nei loro alveari di case. Praticamente, una banlieue. E quelli dell’Uliveto sono definiti i campagnoli perché per andare al mare devono passare le famose e altezzose sbarre, vero simbolo del villaggio, che qualcuno, in modo dissacrante, ha paragonato a quelle di accesso ai varchi del Policlinico.
Perché essere o non essere, a Rosa Marina, è tutto qui, nello strisciare l’ambito pass davanti alla colonnina e vedere alzare le sbarre, quelle che dividono Berlino Est da Berlino Ovest, mentre fuori gli avventori guardano e rosicano. E sognano anche loro, un giorno, di poter strisciare quel pass che è un biglietto da visita, un passepartout verso l’essere qualcuno e l’apparire, il mostrare e l’ostentare. Perché Socrate si sbagliò quando disse «Conosci te stesso» incitando l’uomo a smarcarsi dalla false certezze dei luoghi comuni e delle frasi fatte per cercare in sé la profondità della vita. Che sciocchezza. Si vede che non aveva mai messo piede a Rosa Marina.