di FABIO VENERE
Crisi di Taranto Isolaverde, da martedì verranno avviate le procedure per i licenziamenti dei 215 dipendenti. Salvo imprevisti e salvo sorprese, sarà questo l’esito della riunione (l’ennesima) in programma lunedì mattina in Prefettura. A dire il vero, questo confronto era stato convocato nello stesso giorno in cui venne concessa la nuova proroga della sospensione dei licenziamenti collettivi. Ora, però, difficilmente si andrà avanti con il meccanismo delle proroghe. Che, in effetti, dovrebbe interrompersi con le conseguenze facilmente immaginabili. E tutto, praticamente, dipende e deriva da quel che è accaduto ieri nel corso dell’assemblea dei soci. E qui, in questo contesto ufficiale, le parole più attese erano quelle del presidente del collegio dei revisori dei conti, Luca Vinciguerra. Che, da quel che si apprende, avrebbe illustrato la situazione economica della società snocciolando numeri e cifre talmente impietosi da impedire, di fatto, di chiedere un’altra proroga. Si tratta di cifre che fanno tremare i polsi. Taranto Isolaverde è una società partecipata (socio unico l’Amministrazione provinciale di Taranto), il cui capitale sociale è da tempo ridotto a 50mila euro ed ha un deficit consolidato di almeno 4,4 milioni di euro. Se tutto questo non bastasse, ci sono altri dati che stanno facendo calare il sipario e, quindi, staccare la spina. Negli ultimi mesi sulle scrivanie dei vertici societari si sono accumulati ben 187 decreti ingiuntivi e, tra questi, un ex fornitore che vanta un credito da 44mila euro è già pronto a presentare un’istanza al Tribunale per richiedere il fallimento della società stessa.
Per questa ragione i revisori dei conti avrebbe notificato al presidente - liquidatore dell’azienda, Mimmo Rochira, una seconda diffida. La prima giunse qualche mese fa. Ora, il collegio presieduto da Luca Vinciguerra invita perentoriamente Rochira ad approvare il bilancio della società entro il 30 aprile e subito dopo l’approvazione a depositare i libri contabili in Tribunale. Certificando così la fine di una lunga agonia di un’azienda in costante affanno da almeno due anni.
È possibile che domattina alcuni sindacati chiedano un’altra ulteriore breve proroga per avere il tempo di acquisire il verbale redatto, martedì scorso a Roma, al termine del tavolo per il coordinamento del Contratto istituzionale di sviluppo. Indipendentemente se questa richiesta possa essere accolta o meno, è opportuno essere chiari: i tempi che reggono le dinamiche del Cis non sono brevi. E, di conseguenza, non lo sono, anzi non lo saranno, neppure quelli legati al finanziamento per la ristrutturazione di Palazzo degli Uffici. Cosa che, se avvenisse in tempi relativamente rapidi (ed invece ci vorranno almeno sette- otto mesi) consentirebbe alla Provincia di svincolare le somme (2,8 milioni di euro) precedentemente stanziate per destinarle così al ripianamento delle perdite della società. Cercando così di farla uscire dalle sabbie mobili dello stato di liquidazione in cui versa dallo scorso luglio. Ma, come sottolineato prima, i tempi ed i revisori non sembrano vogliano concedere altro spazio dopo aver dato oltre quattro mesi di tempo per uscire dal tunnel.
Ed allora, se dovessero essere avviate le procedure per i licenziamenti collettivi, cosa accadrebbe mai? Cosa potrebbe accadere? Nel periodo necessario (almeno due mesi) affinché le procedure si concludano, azienda e Provincia potrebbero stringere i tempi per ricollocare altrove il maggior numero di dipendenti. Tra le varie soluzioni in pista, la principale resta quella di trasferire alla società partecipata del Comune, Infrataras, i 23 addetti impegnati nel controllo delle caldaie; poi almeno una ventina potrebbero essere inseriti nei settori di pulizia ed uscierato tra istituto musicale Paisiello ed Università. Ed infine un’altra parte di lavoratori, ancora da definire, potrebbe essere ricollocata grazie all’applicazione della clausola sociale nelle imprese che si aggiudicheranno i futuri bandi di gara per la manutenzione di strade e scuole.