ROMA - Dopo la bufera giudiziaria causata dall’inchiesta di Potenza sulle estrazioni petrolifere in Basilicata, l’attività investigativa si è spostata a Roma dove i pm lucani - prima dell’inizio degli interrogatori di garanzia, previsti per domani mattina nel Tribunale di Potenza - hanno sentito per circa due ore, come persona informata sui fatti, la ministra per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi. Contemporaneamente, alla direzione nazionale del Pd il premier Matteo Renzi concedeva ampio spazio della sua relazione proprio all’inchiesta lucana. «Ci sono indagini della magistratura a Potenza con la cadenza delle Olimpiadi», ogni quattro anni, «e non si è mai arrivati a sentenza», ha detto.
Che il ciclone andasse verso Roma, lo si era intuito già ieri, quando Renzi - intervistato da Lucia Annunziata a «In 1/2ora» - ha dato la sua disponibilità ad essere ascoltato dai pm: «Se i magistrati vogliono mi interroghino», aveva detto. Ma il «pool» investigativo - di cui fanno parte i pm Francesco Basentini, Laura Triassi ed Elisabetta Pugliese, coordinati dal Procuratore di Potenza, Luigi Gay - non aveva preso in considerazione, almeno fino a ieri pomeriggio, l’idea di ascoltarlo. «Non pensavamo di sentirlo», hanno detto.
Era prioritario sentire la versione della Boschi (non è stata invece ancora fissata la deposizione della Guidi), e quindi stamani i magistrati si sono diretti verso Roma per raggiungere la ministra. «Era necessario farlo», ha poi detto Gay ai giornalisti accorsi davanti agli uffici della presidenza del Consiglio di largo Chigi, dopo due ore di conversazione con Boschi. E nulla più. Nessun riferimento ai contenuti dell’incontro, e nemmeno un commento sulle parole del premier, anche se da Napoli il pm John Henry Woodcock, che in passato ha indagato su illeciti legati alle attività petrolifere in Val d’Agri, ha espresso «viva soddisfazione» per l’esito, proprio oggi, del processo 'Totalgatè agli ex vertici della Total, condannati in riferimento ai lavori per la costruzione del centro oli di «Tempa rossa».
Le indagini di Potenza proseguono comunque nel massimo riserbo, così come un muro di silenzio è stato alzato dai magistrati sul filone «siciliano», che vede indagato, tra gli altri, anche il capo di Stato maggiore della Marina militare, l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi. Su delega della Procura, la Polizia nei giorni scorsi è andata in Sicilia, ad Augusta, per acquisire dall’Autorità portuale alcuni atti, in copia, relativi alle concessioni demaniali marittime. E altri documenti sono stati acquisiti nel Comando militare marittimo autonomo. Le concessioni rilasciate riguarderebbero cantieri navali, società che si occupano di servizi, imprese portuali, pontili e le aree a terra di alcune multinazionali del petrolio (da Esso a Lukoil). Ed è proprio su queste compagnie che, secondo il gip di Potenza, si sofferma anche Gianluca Gemelli - compagno della dimissionaria ministra Federica Guidi - in una conversazione intercettata il 18 dicembre 2014, parlando con un’altra persona (nell’ordinanza è identificata con il cognome Lantieri), in relazione «all’avvenuto commissariamento di Confindustria Siracusa», precisa il giudice nell’ordinanza relativa a «Tempa Rossa». Gemelli prosegue la chiacchierata annunciando che «da gennaio cominciamo pure su Saipem... tramite Confindustria ci arrivo, mi segui? C'arrivo pure abbastanza bene. Quindi vediamo come farlo e... facciamo una passeggiata in Sardegna, ci stiamo un paio di giorni, facciamo le presentazioni, bordelli... e quello che dobbiamo fare facciamo».
Un’inchiesta che ha i presupposti, quindi, per allargarsi «a macchia d’olio» in diverse zone d’Italia. Ma che domani ritorna a Potenza, ovvero nell’epicentro del «terremoto» giudiziario: è infatti previsto l’inizio degli interrogatori di garanzia per le persone arrestate giovedì scorso, ovvero i dirigenti locali dell’Eni e l’ex sindaco di Corleto Perticara (Potenza), Rosaria Vicino. Che dovranno spiegare ai giudici la loro versione dei fatti sulle attività svolte all’interno del Centro oli di Viggiano (Potenza), per i primi, e sul sistema di relazioni messo in piedi, secondo i pm, dall’ex prima cittadina per i lavori del sito di «Tempa Rossa»
L'ENI SI INDIGNA: NOI NON AVVELENIAMO - L’indagine della Procura di Potenza sul Centro Olio di Viggiano non preoccupa Eni, ma fa indignare l'A.d. Claudio Descalzi che, a margine di una presentazione in Borsa a Milano se la prende con «chi dice senza sapere quello che facciamo, che siamo degli avvelenatori». «E' la cosa che mi fa indignare di più - afferma alzando il tono di voce - perché non avveleniamo nessuno, lo fa invece chi racconta cose senza capire e approfondire, avvelenando il sistema industriale e l'ambiente sociale».
«Quando ripartirà la produzione non lo so, l’importante non è riprenderla, ma fare chiarezza su quello che succede» ha aggiunto Descalzi. «Vogliamo andare fino in fondo a questa vicenda prima di tutto per il rispetto e l'attenzione che abbiamo nei confronti dei territori che ci accolgono». Quanto alla produzione in Val d’Agri, sospesa dallo scorso 31 marzo, Descalzi indica che «si tratta di circa 75mila barili, di cui il 60% è nostro. E’ un impatto che possiamo sostenere». L'ad di Eni ha precisato: «siamo tranquilli per tutte l’attività che abbiamo fatto e sulle verifiche che facciamo, su cui metto le mani sul fuoco».
IL CODACONS PRESENTA UN ESPOSTO CONTRO LA BOSCHI - Con un esposto presentato oggi alla Procura della Repubblica di Potenza il Codacons ha chiesto ai magistrati di estendere le indagini e verificare le responsabilità del Ministro per i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, relativamente alla vicenda di Tempa Rossa che ha portato alle dimissioni di Federica Guidi.
«Dopo le allarmanti notizie emerse in questi giorni sui quotidiani, e i retroscena secondo cui vi sarebbero state pressioni dirette da parte delle compagnie petrolifere sul Ministero, sulla stessa Boschi e sui suoi collaboratori più stretti, finalizzate a far approvare il famoso emendamento nella forma più gradita ai petrolieri, è necessario che la magistratura chiarisca il ruolo svolto dal Ministero per i rapporti con il Parlamento», spiega l'associazione. «Da quanto riportato prepotentemente agli onori della cronaca da tutti i media, stampa e siti web, - si legge nell’esposto - sembrerebbero aprirsi nuovi scenari e nuovi possibili coinvolgimenti in relazione all’approvazione dell’ emendamento alla legge di stabilità 2015, che avrebbe 'sbloccatò anche il progetto 'Tempa rossà». Ancor «più anomale» - scrive l’associazione - le dichiarazioni che il ministro avrebbe rilasciato: «Il ministro per i rapporti con il Parlamento, cioè io, da regolamento deve autorizzare tutti gli emendamenti del governo». Viceversa secondo il Codacons «nella realtà dei fatti il Ministro per i rapporti con il Parlamento non deve per regolamento autorizzare tutti gli emendamenti bensì «autorizzare la presentazione da parte dei Ministri nel corso dei procedimenti di esame parlamentare di emendamenti del Governo». Il Codacons chiede alla Procura di Potenza di «valutare l’estensione delle indagini nei confronti del ministro per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, accertando eventuali responsabilità e il possibile configurarsi di fattispecie penalmente rilevanti come il reato di concorso in corruzione».
M5S: DE FILIPPO SI DIMETTA - «Credo che sia sempre più difficile per il sottosegretario De Filippo continuare ad essere parte del governo». Lo dice la parlamentare Mirella Liuzzi (M5S), alla luce delle intercettazioni apparse in questi giorni sulla stampa lucana relative all’inchiesta Eni e Tempa Rossa in Basilicata.
«Dalle telefonate - aggiunge - emergerebbe e sembrerebbe che De Filippo, ex presidente della Regione Basilicata e attuale sottosegretario alla Salute del governo Renzi, abbia abusato del proprio ruolo istituzionale, utilizzando i rapporti con Eni e anche con l’ex sindaco Vicino di Corleto Perticara già ai domiciliari per corruzione, truffa e abuso d’ufficio per ritorni personali. Nonostante abbia governato una regione con la più alta incidenza di tumori è stato scelto dal premier Renzi come sottosegretario al Ministero della Salute. Nel suo curriculum anche il rinvio a giudizio per la vicenda rimborsopoli».
«Ciò che sta emergendo in questi giorni - conclude Liuzzi - è la conferma definitiva che il sottosegretario lucano del Pd non può continuare ad operare ancora nelle istituzioni».