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Morta scrittrice Enza Buono madre dei fratelli Carofiglio

 
Morta scrittrice Enza Buono madre dei fratelli Carofiglio

Lunedì 18 Agosto 2014, 17:01

03 Febbraio 2016, 05:30

Una chioma bianca ondeggiante su una testa piena di pensieri e di emozioni: Enza Buono appariva così, anche quando non scriveva e passeggiava, lenta e sorridente, per Bari. Ieri la docente e scrittrice barese è scomparsa all’età di 87 anni, dopo una una vita passata tra i libri, passione che ha trasmesso ai figli: Gianrico Carofiglio, ex magistrato e autore best seller e Francesco Carofiglio, a sua volta architetto e autore di romanzi e graphic novel.

Era nata a Noto, In Sicilia e viveva da sempre a Bari. La sua produzione letteraria è fatta di articoli e saggi su autori italiani e francesi, pubblicati su varie riviste letterarie; ma soprattutto di romanzi permeati dal suo stile asciutto ma classico. Tra i libri: Storia di Zaira (Lacaita, 1993), Perché Teresa Raquin (Palomar, 1997), Arielle è andata via (Schena, 2006). Nel 2008 uno dei suoi romanzi più importanti, pubblicato con «nottetempo», dal titolo Quella mattina a Noto, che si chiude con un racconto del figlio, Gianrico. E a questo era seguito per lo stesso editore Pettegolezzi di condominio e altri racconti.

Spesso nei suoi libri narrava storie al femminile. E spesso tornava alla «sua» Sicilia, metafora del coraggio delle donne, come aveva fatto in Quella mattina a Noto, dove il Sud del passato si ricollegava magicamente al nostro vivere moderno, con il racconto delle vicissitudini di due personaggi simbolo, come donna Mariannina e sua figlia Lidduzza, entrambe tenaci e intelligenti, entrambe curiose del mondo tanto da somigliare - scriveva - a «Euridice tentata dal volgersi verso le tenebre».

Allo stesso modo curiosa e tenace è stata Enza Buono Carofiglio, la cui passione letteraria era fatta di letture continue, senza sosta. Lo rivelano i suoi scritti. Anche nel recente Pettegolezzi di condominio e altri racconti, in cui fotografava cinque storie diverse quasi tutte del Sud, quasi tutte dirette allo smantellamento dell’ipocrisia del vivere quotidiano e alla tensione verso la purezza dell’anima e della cultura.

Acuta, pungente, lasciava senza parole chi le poneva la solita domanda: «Io orgogliosa dei miei figli? Devono essere loro orgogliosi di me!».
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