(a sinistra la vignetta di Vauro pubblicata in seguito alle minacce di Berlusconi)
ROMA - La frase «fatti processare, buffone! Rispetta la legge, rispetta la democrazia o farai la fine di Ceaucescu e di don Rodrigo...», rivolta dal freelance milanese Piero Ricca nel palazzo di giustizia di Milano all'ex premier Silvio Berlusconi, ebbe una «utilità sociale intesa come interesse della collettività alla manifestazione del pensiero» su temi cruciali della vita pubblica.
Lo sottolinea la quinta sezione penale della Cassazione, nella sentenza 19509 nella quale sono rese note le motivazioni dell'annullamento con rinvio della condanna alla multa inflitta a Ricca dal giudice di pace di Milano il 18 febbraio 2005, «per aver offeso l'onore e il decoro di Berlusconi Silvio, presidente del consiglio dei Ministri». Nei motivi di rinvio gli ermellini indicano al giudice di pace, che dovrà riprocessare Ricca, il «cammino» per arrivare all'assoluzione dell'imputato.
In particolare la Cassazione afferma che l'esternazione di Ricca ha il carattere della «critica politica», della quale «è conferma l'evocazione del dittatore romano Ceaucescu e del personaggio manzoniano simbolo di sopraffazione ed arbitrio (don Rodrigo)». La Cassazione aggiunge, inoltre, che la circostanza che Ricca abbia esternato nei corridoi di un palazzo di giustizia non è censurabile, in quanto il luogo «appare anzi particolarmente idoneo, come sede privilegiata, a suscitare riflessioni sul tema della legalità e del rispetto della legge». Ricca ha infatti rilevato, nel suo ricorso in Cassazione, che la vicenda per la quale è stato processato «si svolse nel maggio 2003, quando Berlusconi, al centro del dibattito politico per il noto conflitto di interessi che lo riguardava, era imputato nel processo Sme a Milano e promuoveva leggi 'ad personam' (legge Cirami, legge sulle rogatorie, legge sul falso in bilancio)».
La Suprema Corte ha stabilito che la frase di Ricca è una «critica» dal fatto che l'epiteto «buffone» è stato seguito da espressioni «che suonano come forte riprovazione della condotta tenuta dal querelante come 'homo publicus'». «L'esortazione pressante 'fatti processare, rispetta la legge' - spiega piazza Cavour - sono una vibrata ed accorata censura, istintivamente suscitata dalla presenza del personaggio che a tante polemiche e contrasti aveva dato origine». In poche parole - dicono i supremi giudici - «non si è trattato di gratuita aggressione alla persona del querelante, ma di forte critica, speculare per intensità al livello di dissenso originato nell'ambito politico e nell'opinione pubblica dalla delicatezza dei problemi posti ed affrontati dalla parte offesa».
Berlusconi aveva querelato Ricca chiedendo anche il risarcimento del danno. La Quinta sezione rimprovera il giudice di pace milanese per aver «estrapolato dalle frasi pronunciate dal Ricca il solo termine oggettivamente offensivo, negando l'esercizio del diritto di critica ed omettendo di contestualizzare, come dovuto, l'esternazione». «Al contrario - è questo l'avviso della Suprema Corte - si adombrano nel caso di specie, gli estremi dell' esimente del diritto di critica, della quale resta da accertare se sia stato rispettato il limite della continenza (o correttezza formale)».
Nel nuovo processo, il giudice di pace dovrà tener conto - quanto alla supposta offensività del termine 'buffone' - della «desensibilizazzione del significato offensivo di talune parole, specie in ambito politico e sindacale, in ragione delle peculiarità di taluni settori della vita pubblica ove i contrasti si esprimono tradizionalmente in forma anche vibrata».
Aggiunge la Suprema Corte che la critica a un uomo politico «può esplicarsi in forma tanto più incisiva e penetrante, quanto più elevata è la posizione pubblica della persona che ne è destinataria». E ciò vale a dire che «il livello e l'intensità, pur notevoli, delle censure indirizzate a mò di critica a coloro che occupano posizioni di tutto rilievo nella vita pubblica, non escludono l'operatività della scriminante del diritto di critica».
In proposito la Cassazione richiama - così come chiesto nel ricorso di Ricca - la decisione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nella causa Oberschick contro l'Austria, del 1 luglio '97, che ha «ritenuto lesiva dei diritti dell'uomo la condanna inflitta, in Austria, «al direttore di un giornale che aveva pubblicato un commento su un discorso tenuto dal leader del Partito liberale austriaco e capo del Governo della Carinzia, nel quale il politico veniva definito 'idiota'».
Mercoledì 07 Giugno 2006, 00:00
27 Ottobre 2024, 20:11