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Sassi della gravina sott'olio grande successo di souvenir

 
Sassi della gravina sott'olio grande successo di souvenir

Lunedì 27 Maggio 2013, 08:41

03 Febbraio 2016, 02:59

di MICHELE PACCIANO

GINOSA - La fontana di Trevi? L'area di Napoli? No, a quelle ci aveva già pensato Totò, ora a far parlare di sé sono i sassi della gravina di Ginosa, sott’olio, venduti, prezzo modico, ad una gaudente e divertita comitiva di turisti austriaci. Non è l'ennesima truffa, né una trovata per sbarcare il lunario, piuttosto una goliardata, uno schiaffo e uno sberleffo alla crisi. L'allegro sbuffo di un eclettico barista di 37 anni. Renato Tarantini ha sempre un sorriso sornione sulle labbra, con quell'aria un po’ guascona da uomo col cuore ragazzo ti guarda e ti chiede: «Come lo vuoi il caffè, lungo- ristretto?». Con ironia ha attraversato e carezzato molte vite e sa che non deve darsi mai per vinto.

È un sognatore pragmatico, Renato. Dopo la scuola, discute progetti e prospettive con l’amico di sempre, Vito Parisi. Vito ha un bar di famiglia, un sogno realizzato che poco a poco diventa anche suo, ma cercando lavoro e accumulando qualche delusione, Renato capisce che se ne deve andare, deve guardare il futuro. Intanto vuole imparare l'inglese e si ritrova a pelar patate in Irlanda. La volontà non gli manca e a furia di far lo sguattero impara, diventa chef di un grande ristorante italiano. Non ha nostalgia, ma il suo cuore è sempre in Italia, soprattutto quando si tratta di tirar calci ad un pallone, quanto gioca la nazionale e il cuore balza dal petto a furia di urlare.
Nel 2006 c’è la mitica finale mondiale Italia Francia, Renato si organizza con gli amici e si ritrova a guardare la testata di Zidane e a trepidare per Grosso, con un gruppo di tifosi francesi, tutti insieme simpaticamente. «Vincemmo noi – dice con orgoglio – e chi se lo scorda? Ma la mia vita doveva cambiare proprio quella sera. E per un altro motivo». Tra i ragazzi francesi c’è anche Urielle, una giovane cuoca con negli occhi tutto il cielo e il mare della Bretagna, l’amore scoppia come un fuoco d’artificio. I due si mettono insieme, lavorano sodo sognando di aprire un ristorante per conto proprio, bistrot e spaghetti.

Renato è felice, hanno i soldi, impegnano un locale. Ma arriva una telefonata dall’Italia, tutto si ferma: Vito non c’è più. L’amico, il compagno di tante bravate e bisbocce se ne è andato per sempre, inghiottito da una strada infame, nella corsa pazza di una notte, come era successo a suo fratello. La madre di Vito è distrutta, cerca aiuto negli amici, il sogno del bar non può morire, sarebbe come uccidere i ragazzi una seconda volta. Renato ci pensa solo un giorno: «Torno giù, lo prendo io il bar, Vito avrebbe voluto così».

Urielle lo segue, anche Ginosa può essere bella. Il bar ingrana, va bene, ci sono molti giovani, ma la crisi morde. Dietro il bancone Renato ascolta le storie di amici e coetanei, cassintegrati, precari o senza lavoro. Li capisce, ma non ne può più dei musi lunghi, decide di spronarli.

«Dobbiamo partire da quello che siamo, da quello che abbiamo» dice. Sembra una frase fatta. Invece no, Renato fa sul serio: passa una comitiva di austriaci, pensionati in vacanza, lui va in gravina e la lampadina si accende. Venderà pezzi di un luogo, un profumo che si porta dentro. Prende piccoli sassi e muschio, li mette in un boccaccino di vetro, con peperoncino, olio e rosmarino e ne fa un souvenir, con scritta multilingue e tanto di bandiera italiana. Tre euro e uno spruzzo di ottimismo! Gli austriaci sono entusiasti, i sassi di Renato vanno a ruba, tutti ne parlano, tutti vanno in gravina, diventa un caso. Lui sorride e chiede: «Caffè o amaro?». «No, tre sassi di speranza!». E se diventasse un esempio?
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