Uccise moglie e suocera ergastolo ridotto a trenta anni di carcere
di ANTONELLO NORSCIA TRANI - La pena dell’ergastolo si è ridotta in trent’anni di reclusione perché il duplice delitto non fu connotato dall’aggravante della crudeltà. Ciò nonostante la difesa impugnerà in Cassazione anche la nuova sentenza della Corte d’Appello di Bari che ieri ha rideterminato la pena detentiva di Giovanni Valentino, il 35enne canosino accusato e reo confesso dell’omicidio della moglie Lucia Di Muro, 35 anni, e della suocera Maria Grazia Prisciandaro, 60, rimaste vittime della sua ira assassina la mattina del 2 agosto 2008 nella casa coniugale di via Sardegna 31, a Canosa (nella foto, il luogo del delitto) LA CRONACA DEL 2008
26 Ottobre 2012
di ANTONELLO NORSCIA
TRANI - La pena dell’ergastolo si è ridotta in trent’anni di reclusione perché il duplice delitto non fu connotato dall’aggravante della crudeltà. Ciò nonostante la difesa impugnerà in Cassazione anche la nuova sentenza della Corte d’Appello di Bari che ieri ha rideterminato la pena detentiva di Giovanni Valentino, il 35enne canosino accusato e reo confesso dell’omicidio della moglie Lucia Di Muro, 35 anni, e della suocera Maria Grazia Prisciandaro, 60, rimaste vittime della sua ira assassina la mattina del 2 agosto 2008 nella casa coniugale di via Sardegna 31, a Canosa.
Una differente sezione della corte barese è tornata a pronunciarsi sul duplice delitto per effetto della sentenza della Cassazione dello scorso maggio che aveva annullato con rinvio la pronuncia di secondo grado con cui, il primo giungo 2011, fu confermato l’ergastolo comminato dal gup del Tribunale di Trani Angela Schiralli nonostante la scelta del rito abbreviato; opzione che evitò a Valentino solo l’ulteriore sanzione dell’isolamento diurno per un anno.
La Corte di Cassazione aveva annullato la precedente sentenza della Corte d’Appello di Bari accogliendo uno dei tre motivi d’impugnazione promossi dalla difesa (gli avvocati Princigalli e Di Terlizzi; nel processo di terzo grado si aggiunse il prof. Aricò) e cioè quello riguardante l’erronea applicazione dell’aggravante della crudeltà. Motivo per cui gli atti furono rimessi ad un nuovo collegio della Corte d’Appello di Bari.
La sentenza romana confermò, invece, il diritto al risarcimento in favore delle parti civili: per Domenico Di Muro, padre e marito delle vittime, e dei suoi figli, Michele e Pasquale, fu liquidata una provvisionale (cioè un anticipo sul risarcimento totale che sarà successivamente determinato dal giudice civile) di 150mila euro ciascuno, così come aveva chiesto il loro legale, l’avvocato Giovanbattista Pavone.
Il duplice delitto avvenne a pochi giorni dal ritorno dal viaggio di nozze.
Secondo quanto ricostruito dalle indagini coordinate dal sostituto procuratore della repubblica di Trani Mirella Conticelli, Valentino avrebbe ucciso moglie e suocera percuotendole selvaggiamente, perché stato stanco delle loro vessazioni.
L’autopsia contò 24 colpi. Forse le due donne furono prese per capelli, coi crani sbattuti bruscamente sul pavimento. O forse, pure, massacrate da impressionanti martellate. Un lago di sangue, scoperto da Domenico Di Muro. Valentino fu arrestato poco dopo e confessò ma l’arma bianca non fu rinvenuta.
Il rapporto tra la moglie e sua madre avrebbe avuto ancora un solido ma invasivo cordone ombelicale nonostante le nozze.
La Prisciandaro sarebbe intervenuta spesso nel menage della nuova famiglia, trovando l’appoggio della figlia.
Vessazioni che avrebbero portato Valentino, con trascorsi da pugile, ad ucciderle alla vista del “saccheggio” nella casa coniugale.
Il giorno del delitto, infatti, Valentino, rincasando, trovò moglie e suocera intente a riempire le valigie d’ogni cosa per la decisione della coniuge di tornare nella casa materna.
In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza d’appello bis di ieri, la difesa ha comunque preannunciato un nuovo ricorso in Cassazione: a parere dei legali la pena da infliggere sarebbe dovuta esser inferiore ai trent’anni. Dunque, nei prossimi mesi, la vicenda giudiziaria si trasferirà nuovamente sulla riva del Tevere.
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