Il governo non può restare a guardare: il premier Monti telefona ai ministri Passera, Severino e Clini, poi sente l’ufficio legale di palazzo Chigi per un consulto sulle possibili contromosse con cui ricacciare il fantasma della fine della siderurgia di Taranto. Il ministro Passera parla chiaro: «E' assolutamente necessario evitare la chiusura e lo spegnimento degli impianti, cosa che causerebbe danni irreparabili dal punto di vista economico, occupazionale e sociale. Nulla sarà lasciato intentato per evitare un tale evento. Serve grande senso di responsabilità, da parte di tutti».
Monti decide di inviare a Taranto la troyka dei ministri più direttamente interessati: la missione di Passera, Severino e Clini si svolgerà venerdì 17 agosto, poi i tre esponenti del governo riferiranno al premier. La Severino si è già attivata: il ministro della Giustizia chiederà l’acquisizione dei due provvedimenti con i quali il gip ha confermato il sequestro degli impianti dell’Ilva di Taranto e ha revocato la nomina di Bruno Ferrante dall’incarico di curatore dello stabilimento. A Via Arenula si spiega che la decisione è motivata «dalla necessità di una valutazione degli atti per quanto è di competenza del ministro della Giustizia».
Ma anche il ministro dell’Ambiente Clini ha fatto sentire la sua voce e ha pesantemente criticato la decisione del gip, sostenendo che «è in aperto contrasto» con i provvedimenti presi da lui presi. Per il ministro il conflitto riguarderebbe appunto l’ultima decisione del Gip che ha revocato per "palese conflitto di interessi" la nomina del presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, a custode e amministratore degli impianti dell’area a caldo sequestrati perché inquinano. Il ministero infatti aveva già avviato un tavolo di lavoro con l’Ilva e con Ferrante per fare adeguare l’azienda alle nuove norme europee sulla sicurezza per l’ambiente e la salute degli impianti. «La commissione europea – ha aggiunto il ministro – il 18 marzo scorso ha pubblicato l’elenco delle nuove tecnologie per la salvaguardia della salute e ha disposto che gli stati membri debbano rivedere le autorizzazioni già concesse per fare allineare le industrie a queste norme e questo deve avvenire entro il 2016. Come ministro dell’ambiente ho la responbilità di questa proceduta e ho aspettato solo 4 giorni, non 4 anni, riaprendo la procedure di autorizzazione per avere dall’Ilva le migliori tecnologie disponibili a questo fine. L’Ilva ha presentato ricorso contro questa decisione e io ho chiamato Ferrante chiedendo che l’Ilva rinunciasse ai contenziosi per aprire un tavolo di lavoro, cosa che è stata fatta».
La revoca di Ferrante decisa dal gip è arrivata dopo l'annunciato ricorso dell’Ilva al secondo decreto di sequestro degli impianti senza l’uso ai fini della produzione. Secondo il gip, il ricorso dimostra che Ferrante sarebbe in «palese conflitto di interessi». Al suo posto il Gip ha nominato il presidente dell’Ordine dei commercialisti di Taranto, Mario Tagarelli. Per il giudice c'è una «manifesta incompatibilità» di Ferrante con «l'ufficio pubblico di custode ed amministratore delle aree e degli impianti dello stesso stabilimento sottoposti a sequestro preventivo». Era stato il Tribunale del Riesame, con l’ordinanza del 7 agosto che confermava il sequestro degli impianti dell’Ilva, a nominare Ferrante custode e amministratore delle aree e degli impianti sequestrati, revocando la nomina di Tagarelli disposta dal gip per le questioni amministrative.
Ora Tagarelli ritorna e affiancherà i tre ingegneri nominati dal gip custodi e amministratori dei beni sequestrati, Barbara Valenzano (gestore e responsabile), Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento. Per l’Ilva si apre così un’altra settimana di fuoco. Si attendono nelle prossime le reazioni dei lavoratori. Domani mattina dovrebbe svolgersi un incontro azienda-sindacati; sempre domani, ma nel pomeriggio, il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, incontrerà nel suo ufficio Ferrante, i sindacati e Confindustria.
C'è grande tensione sul futuro dei lavoratori dell’Ilva. Ferrante non vuol pronunciare la parola 'licenziamentì, ma «se ci bloccano la produzione – dice – la prospettiva si complica» perchè «dire no all’attività produttiva vuol dire togliere linfa vitale all’azienda. Viene meno la ragione stessa dell’esistenza dell’Ilva. E poi banalmente, se non produco come faccio a pagare 12mila persone?».