COME FUNZIONA IL MERCATO - Il giro d’affari è milionario. Mediamente vengono prodotti (quasi esclusivamente in Capitanata) ogni anno 19/20 milioni di quintali di pomodori, venduti ad una media di cento euro a tonnellata. Il valore complessivo della produzione supera facilmente i duecento milioni di euro. A questo bisogna aggiungere la fase di lavorazione e inscatolamento che crea reddito per gli industriali campani. Dall’altro lato della filiera, al gradino più basso, ci sono i raccoglitori: africani, europei dell’est, orientali che si spezzano la schiena sotto il sole. Il prezzo viene stabilito prima del raccolto: produttori e compratori si accordano su quantità e costo, gli industriali mandano i camion nei luoghi di raccolta e caricano i pomodori.
IL DEPREZZAMENTO: LO SFREDO - Una volta stabilito il prezzo, il contratto va onorato. Ma come spuntare un prezzo migliore? Contestando la qualità del prodotto. Indicando uno sfredo che quest’anno, sorprendentemente, pare che non sia considerato da nessun industriale inferiore al 30%.
L’EFFETTO A CATENA - In questa condizione è chiaro che i margini per gli agricoltori si riducono praticamente a zero, visto che quella del pomodoro non è di certo una coltura ad alto valore aggiunto. E a quel punto molti produttori preferiscono lasciar marcire i pomodori alla pianta, raccogliere costerebbe di più. Ma se non c’è niente da raccogliere che fanno i braccianti che sciamano in Puglia sperando di lavorare un po’?
L’ALLARME DELLA CONFAGRICOLTURA - Le associazioni di categoria temono che il conflitto economico stia per sfociare in conflitto sociale. La corda si sta per spezzare e la situazione «ha fatto ulteriormente crescere lo stato di allarme tra i produttori che chiedono il rispetto dei contratti»: lo sottolinea la Confagricoltura in una nota facendo presente come «le fortissime tensioni in atto rendono la situazione estremamente critica, tant'è che è stato chiesto l'intervento dei Prefetti interessati». Aggiunge la Confagri: «Se le operazioni di trasformazione del pomodoro non andranno velocemente a pieno ritmo le perdite economiche saranno altissime e di conseguenza anche le reazioni dei produttori».
L’INDIGNAZIONE DELLA CIA - « L’atteggiamento speculativo di questi signori - dice senza mezzi termini Antonio Barile, presidente regionale della Cia, confederazione italiana agricoltori, riferendosi agli industriali campani - mette in difficoltà i produttori. E se la raccolta diventa non redditizia resta alla pianta e non c’è lavoro. Questo comportamento predatorio sta mettendo in crisi non solo il settore del pomodoro, ma è lo stesso per grano, latte e ortofrutta. Ma, purtroppo, la politica è più sensibile alle istanze dell’industria che a quelle dell’agricoltura». [g. sum.]